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lunedì 21 novembre 2011

Ordine Francescano Secolare Parrocchia San Francesco Pisa




MERCATINO DI SOLIDARIETA'


Nei giorni 3 - 4 - 7 - 8 - 10 - 11 Dicembre 2011 , si terrà nella splendida sala del Capitolo, nel convento di San Francesco a Pisa, il consueto mercatino di solidarietà. Troverete diversi oggetti a poco prezzo che potrabbero tornarvi utili per i prossimi regali di Natale. Nello stesso tempo aiuterete anche la nostra missione in Equador, e le molte persone bisognose che si trovano sul territorio.


E' anche una opportunità per visitare lo splendido complesso della Chiesa e convento di San Francesco.


Vi aspettiamo

sabato 23 luglio 2011

Uganda : E' iniziata la missione umanitaria di Interpalst

E' iniziata la nuova missione di Interplast in Uganda composta da chirurghi plastici, anestesisti e strumentisti. Un gruppo di tre persone è partito da Pisa, l'altro gruppo da Torino.

Qualche informazione generale su Interethnos Interplast Italy

Interplast Italy LogoNei paesi poveri centinaia di bambini portatori di malformazioni, esiti di ustioni, neoplasie, sono destinati a una vita di abbandono e di emarginazione.

Là dove è difficile garantire la vita, è impensabile ricercarne un minimo di qualità. Chi può sopravvivere, a volte è considerato fortunato, anche se deforme.

Ecco allora che uno strumento come la chirurgia plastica ricostruttiva, nota ai più solo come un lusso e spesso confusa con la chirurgia estetica, può diventare speranza di nuova vita per coloro che sono destinati all’emarginazione. Nei paesi poveri, infatti, questa specialità è pressoché sconosciuta e comunque inaccessibile ai poveri, come molte altre specialità mediche.

Sono queste le ragioni e gli scopi per cui è nata Interplast.

In bocca al lupo !!!

mercoledì 9 marzo 2011

IL GRUPPO DI PROTEZIONE CIVILE DELL'AOU PISANA RAPPRESENTERÀ L'UNIONE EUROPEA IN UN'ESERCITAZIONE INTERNAZIONALE IN INDONESIA

IL GRUPPO DI PROTEZIONE CIVILE DELL'AZIENDA OSPEDALIERA UNIVERSITARIA DI PISA RAPPRESENTERÀ L'UNIONE EUROPEA IN UN'ESERCITAZIONE INTERNAZIONALE IN INDONESIA


Dal 10 al 20 marzo si svolgerà a Manado, in Indonesia, un'esercitazione internazionale di soccorso e protezione civile che coinvolgerà unità provenienti dall'Unione Europea, dagli Stati Uniti e dalla Federazione Russa, oltreché dall'Indonesia e dal Giappone, paesi promotori dell'iniziativa.

Il Dipartimento della Protezione civile nazionale, che coordinerà l’intervento italiano e parteciperà con proprio personale, ha attivato il modulo sanitario campale dell’Associazione Gruppo Chirurgia d’Urgenza dell’Azienda Ospedaliera-Universitaria Pisana, uno delle due equipe europee che prenderanno parte all'esercitazione. L'altra, composta da francesi, non avrà compiti di tipo sanitario ma si occuperà di “Ricerca e salvataggio in ambienti urbani”.

Come ci dice il prof. Giuseppe Evangelista - della UO Chirurgia Generale e d'Urgenza dell'Aoup e direttore dell'Associazione Gruppo Chirurgia d’Urgenza onlus - “Essere considerati il gruppo più idoneo nell’ambito dei paesi europei per essere impiegato in tale evento ci rende orgogliosi e nello stesso tempo ci impegna molto al fine di essere all’altezza del compito affidatoci”.

L'esercitazione prevede la simulazione di un terremoto di 7.5 della scala Richter, seguito da uno tsunami che provocherà perdite e danni sia i termini di vite umane sia in crolli di abitazioni e infrastrutture pubbliche. Si prevede quindi che l'Indonesia chieda aiuto agli organismi internazionali, che invieranno le loro squadre di soccorritori. Il gruppo pisano avrà il compito di curare i feriti nel villaggio di Maasing, dove sarà installato un posto medico avanzato, e fornire sostegno e aiuto alla popolazione nelle isole di Bunaken e Siladen.

Il GCU è composto da 8 medici, 10 infermieri, 2 addetti alla logistica; eccetto un'infermiera del Meyer di Firenze, tutti i volontari sono dipendenti dell'Aoup e tutti hanno una consolidata esperienza in missioni all'estero: dal 1991 ad oggi hanno infatti operato in Albania, Algeria, Sri Lanka, Turchia, Iran, Haiti e Cina.

STAFFETTA DI SOLIDARIETA’ PISA-CROTONE

PER SOSTITUIRE UN IMPIANTO DI DEFIBRILLATORE MALFUNZIONANTE



Una storia a lieto fine, una storia di buona sanità e di lavoro di squadra che ha unito due regioni lontane, come la Toscana e la Calabria, in una staffetta contro il tempo per salvare la vita a una giovane di 26 anni, portatrice di un impianto di defibrillazione deterioratosi e che necessitava di una sostituzione immediata dell’elettrocatetere. Il guasto, determinato dall’usura precoce causava scariche elettriche anomale a danno del muscolo cardiaco, oltreché dolori atroci alla paziente.

Lo staff dell’Unità cardiologica dell’Ospedale calabrese San Giovanni di Dio di Crotone diretta dal Dr. Massimo Elia ha provveduto in urgenza a disattivare il defibrillatore, dopodiché la paziente è stata collegata a un defibrillatore esterno e costretta all’immobilismo totale. A quel punto era necessario intervenire il più in fretta possibile per rimuovere il catetere deteriorato e sostituirlo con uno nuovo. L’ospedale individuato per questo tipo di intervento è stato quello di Pisa e, in particolare, la struttura di Cardiologia diretta dalla Dr.ssa Maria Grazia Bongiorni, un nome di riferimento internazionale per questo tipo di procedure di aritmologia interventistica. Così si è provveduto a organizzare il trasferimento con ambulanza attrezzata per la rianimazione cardiopolmonare in tempi rapidissimi e la giovane è stata operata. Un lungo intervento nel corso del quale è stato rimosso per via transvenosa il vecchio catetere per defibrillazione, utilizzando dilatazione meccanica e approcci venosi multipli, ed è stato impiantato il nuovo. In questi giorni il Dr. Elia ha scritto alla Dr.ssa Bongiorni per informarla che la giovane sta bene e che, in segno di gratitudine, ha voluto rendere pubblica la sua vicenda su “Il Crotonese”, plurisettimanale di informazione della Provincia di Crotone.

sabato 8 gennaio 2011

Chi e' Don Gallo

Chi è Don Andrea Gallo

Image CRONISTORIA DI DON ANDREA GALLO

"Un prete che si è scoperto uomo"


Andrea nasce a Genova il 18 Luglio 1928 e viene immediatamente richiamato, fin dall'adolescenza, da Don Bosco e dalla sua dedizione a vivere a tempo pieno "con" gli ultimi, i poveri , gli emarginati, per sviluppare un metodo educativo che ritroveremo simile all'esperienza di Don Milani, lontano da ogni forma di coercizione.
Attratto dalla vita salesiana inizia il noviziato nel 1948 a Varazze, proseguendo poi a Roma il Liceo e gli studi filosofici.
Nel 1953 chiede di partire per le missioni e viene mandato in Brasile a San Paulo dove compie studi teologici: la dittatura che vigeva in Brasile, lo costringe, in un clima per lui insopportabile, a ritornare in Italia l'anno dopo.
Prosegue gli studi ad Ivrea e viene ordinato sacerdote il 1 luglio 1959.
Un anno dopo viene nominato cappellano alla nave scuola della Garaventa, noto riformatorio per minori: in questa esperienza cerca di introdurre una impostazione educativa diversa, dove fiducia e libertà tentavano di prendere il posto di metodi unicamente repressivi; i ragazzi parlavano con entusiasmo di questo prete che permetteva loro di uscire, poter andare al cinema e vivere momenti comuni di piccola autogestione, lontani dall'unico concetto fino allora costruito, cioè quello dell'espiazione della pena.
Tuttavia, i superiori salesiani, dopo tre anni lo rimuovono dall'incarico senza fornirgli spiegazioni e nel '64 Andrea decide di lasciare la congregazione salesiana chiedendo di entrare nella diocesi genovese: "la congregazione salesiana, dice Andrea, si era istituzionalizzata e mi impediva di vivere pienamente la vocazione sacerdotale".
Viene inviato a Capraia e nominato cappellano del carcere: due mesi dopo viene destinato in qualità di vice parroco alla chiesa del Carmine dove rimarrà fino al 1970, anno in cui verrà "trasferito" per ordine del Cardinale Siri.
Nel linguaggio "trasparente" della Curia era un normale avvicendamento di sacerdoti, ma non vi furono dubbi per nessuno: rievocare quel conflitto è molto importante, perché esso proietta molta luce sul significato della predicazione e dell'impegno di Andrea in quegli anni, sulla coerenza comunicativa con cui egli vive le sue scelte di campo "con" gli emarginati e sulle contraddizioni che questa scelta apre nella chiesa locale.
La predicazione di Andrea irritava una parte di fedeli e preoccupava i teologi della Curia, a cominciare dallo stesso Cardinale perché, si diceva, i suoi contenuti "non erano religiosi ma politici, non cristiani ma comunisti".

Un'aggravante, per la Curia è che Andrea non si limita a predicare dal pulpito, ma pretende di praticare ciò che dice e invita i fedeli a fare altrettanto: la parrocchia diventa un punto di aggregazione di giovani e adulti, di ogni parte della città, in cerca di amicizia e solidarietà per i più poveri, per gli emarginati che trovano un fondamentale punto di ascolto. Image

Per la sua chiara collocazione politica, la parrocchia diventa un punto di riferimento per molti militanti della nuova sinistra, cristiani e non.
L'episodio che scatena il provvedimento di espulsione è un incidente verificatosi nel corso di una predica domenicale: lo descrive il settimanale "Sette Giorni" del 12 Luglio 1970, con un articolo intitolato "Per non disturbare la quiete".
Nel quartiere era stata scoperta una fumeria di hashish e l'episodio aveva suscitato indignazione nell'alta borghesia del quartiere: Andrea, prendendo spunto dal fatto, ricordò nella propria predica che rimanevano diffuse altre droghe, per esempio quelle del linguaggio, grazie alle quali un ragazzo può diventare "inadatto agli studi" se figlio di povera gente, oppure un bombardamento di popolazioni inermi può diventare "azione a difesa della libertà".
Qualcuno disse che Andrea era oramai sfacciatamente comunista e le accuse si moltiplicarono affermando di aver passato ogni limite: la Curia decide per il suo allontanamento dal Carmine.
Questo provvedimento provoca nella parrocchia e nella città un vigoroso movimento di protesta ma, la Curia, non torna indietro e il "prete scomodo" deve obbedire: rinuncia al posto "offertogli" all'isola di Capraia che lo avrebbe totalmente e definitivamente isolato.
Lasciare materialmente la parrocchia non significa per lui abbandonare l'impegno che ha provocato l'atteggiamento repressivo nei suoi confronti: i suoi ultimi incontri con la popolazione, scesa in piazza per esprimergli solidarietà, sono una decisa riaffermazione di fedeltà ai suoi ideali ed alla sua battaglia "La cosa più importante, diceva, che tutti noi dobbiamo sempre fare nostra è che si continui ad agire perché i poveri contino, abbiano la parola: i poveri, cioè la gente che non conta mai, quella che si può bistrattare e non ascoltare mai.
Ecco, per questo dobbiamo continuare a lavorare!"
Qualche tempo dopo, viene accolto dal parroco di S. Benedetto, Don Federico Rebora, ed insieme ad un piccolo gruppo nasce la comunità di base, la Comunità di S. Benedetto al Porto: quest'anno festeggiamo trentadue anni: se il nostro progetto con tanti compagni e compagne non fosse un poco riuscito, potremmo essere ancora qui???


Dopo tanti anni, la nostra porta è sempre aperta!

lunedì 15 novembre 2010

Ogni essere umano ha diritto ad un sorriso

LE STORIE DI CHI, GRAZIE ALL'INTERVENTO DI INTERETHNOS INTERPALST ITALY E' TORNATO A SORRIDERE.

E’ difficile raccontare Interplast in poche righe, sintetizzare così tante persone e anni e posti del mondo…Interplast Italy ha operato numerose missioni negli ultimi anni toccando Tibet, Cina, Uganda, Bolivia. I racconti, i ricordi dei protagonisti, medici, infermieri, pazienti piccoli e grandi, si intrecciano in un tessuto umano multiforme, bello, spaventato e poi nuovo fiducioso. I viaggi per raggiungere questi paesi e poi le varie tappe dei percorsi, le difficoltà organizzative, climatiche e culturali sono enormi. Ogni volta i volontari si immergono in colori, storie, odori, dolori, ritmi tutti nuovi e faticosi e bellissimi.

In Tibet i volontari si sono visti raggiungere nel loro cammino da nomadi di tutto il territorio, per correggere tante malformazioni del volto. E fra grandi altitudini, yak, monaci tibetani, ecco i nostri medici conquistarsi a poco a poco la fiducia di un mondo lontanissimo. C’è un bimbo dal viso intensissimo, con una cicatrice che avvolge tutto il suo addome, abbracciato alla sua bellissima mamma. I loro occhi incantano, riguardando le foto di Carlo Orsi, in missione con i volontari Anche la vita di questo bimbo si è davvero trasformata dal’incontro con Interplast, perché spesso le cicatrici allontanano le altre persone, quelle senza cicatrici, e la vita, soprattutto in una realtà così povera, può essere davvero difficile oltremisura aggiungendo un simile problema.

venerdì 12 novembre 2010

CONFERENZA : “Il Sorriso Donato”

CONFERENZA
“Il Sorriso Donato”
Le missioni Interplast di Daniele Gandini
Auditorium “G. Toniolo”
Piazza Arcivescovado
Sabato 13 novembre
Ore 17.00
Il dottor Daniele Gandini, membro del Comitato medico di Interplast Italy,
parlerà della sua esperienza umana e professionale maturata
nel corso di 12 missioni chirurgiche umanitarie,
in cui ha portato a termine, come primo operatore,
circa 450 interventi ricostruttivi.
AMMI Pisa
SOROPTIMIST Pisa
INNER WHEEL Pisa
F.I.D.A.P.Pisa

martedì 9 novembre 2010

LEGGI LE STORIE DI CHI, GRAZIE ALL'INTERVENTO DI INTERETHNOS INTERPALST ITALY E' TORNATO A SORRIDERE.

LEGGI LE STORIE DI CHI, GRAZIE ALL'INTERVENTO DI INTERETHNOS INTERPALST ITALY E' TORNATO A SORRIDERE.

La storia di Maela del Bangladesh

Mi chiamo Maela. Credo che il mio nome voglia dire che vengo dal regno dei buoni spiriti o qualcosa del genere. La mia mamma è molto stanca e dolce. Il mio papà è andato dagli spiriti molto tempo fa. Ho sei anni e viviamo tutti col fratello della mamma che ci ha accolti nella sua famiglia: io, la mamma e i miei due fratelli più grandi. C’è molta terra rossa qui e vento caldo. Abbiamo un pozzo nel villaggio. Lavoro tutto il giorno per aiutare la mamma e le altre donne. Guardo i bambini più piccoli perché so raccontare storie. Alcune storie le so fin da piccola piccola, altre le invento un po’ e le cambio, per fare sognare. Quando piove è bellissimo qui, diventa tutto fango e si corre a bocca aperta. Si formano pozzanghere e allora mi guardo. La mamma dice che non bisogna guardarsi troppo, che si perde tempo. A me non sembra. Sono piccola ma mi piaccio così, ho i capelli neri e la pelle liscia. Le mie spalle bagnate sembrano quelle di una ragazza grande, per il resto invece sono ancora la piccola Maela. Una notte. Una notte è molto buio e poi c’è una luce forte, sento molto caldo e le urla. Urlano tutti. AHHHHH urlo anch’io ho tanto male e ho paura. Mamma, mamma. Mi sveglio dopo tanto tempo. Ho male ancora male, ma è giorno. Non sono più nella mia tenda, sono in una specie di tenda grande. Vedo con un solo occhio. L’occhio sinistro. Ho delle bende. La mamma mi tiene la mano e piange. Piange per tanto tempo. Mi sveglio di nuovo ma è uguale. Il corpo ha delle fasce e vedo da un occhio solo. L’’occhio sinistro. La mamma dice che mi stanno curando, vedo la donna anziana che mi spalma il corpo. Mi danno da bere delle cose che fanno dormire e dico alla mamma che sto bene, ma non mi sembra di stare bene. Passa del tempo, non so quanto tempo. Mi dicono del mio fratello che non c’è più. E’ andata col mio papà e ci aspetta. Io vorrei andare con loro. Non lo dico alla mamma. Lei piange seduta per terra mentre io dormo. Non so dove sono, credo al centro dove c’è la scuola e il posto dei vaccini. Non mi piace venire qui. Ma ci sono. La mamma dice che presto torniamo a casa e non piange più. Torno a casa con delle fasce su una parte della faccia. L’occhio destro vede male ma c’è. Dicono che mi ha salvato uno spirito buono. Sono debole, non ho più tanto male. Andiamo a stare da degli amici della mamma in una tenda vicino a dove abitavo prima. La mia casa non c’è più ma il villaggio e lo stesso. La gente del villaggio però non mi guarda più come prima. Esco con la mamma a lavorare un po’ con lei in giro per il villaggio. Esco ogni giorno di più. Le fasce dalla faccia le posso togliere ma ho capito che è meglio di no. La mamma si spaventa e forse anche gli altri. La mamma mi compra un pezzo di stoffa da un mercante che passa o forse il mercante mi vede e le regala un pezzo di stoffa azzurro come il cielo. Lo metto sulla faccia. Viene la pioggia e mi viene voglia di cercare una pozza d’acqua e cercare Maela. Tolgo la stoffa. Piango tanto che mi sembra di piovere dentro. La mamma corre e piange con me. Non voglio più raccontare storie. Non sento la fame, eppure ho sempre avuto fame. Un giorno arriva un pulmino bianco. Scendono persone bellissime che ridono e parlano in un altro modo dal nostro. Qualcuno da ai bambini dei dolci. Io non li prendo. Sto seduta vicino alla mia tenda con la stoffa azzurra, ma li guardo bene col mio occhio sinistro. La mamma sembra molto allegra e parla con un uomo che parla come noi e anche come le persone belle. Parla di me e chiama: Maela Maela. Ma io non vado. Ho un po’ paura e non voglio allontanare quelle persone belle. Penso che se mi vedono se ne vanno subito. Viene un uomo biondo con una grande borsa e la mamma cerca di aiutarlo a portare la borsa. Penso mi dia dei dolci. Invece mi parla ma non capisco e sorride. Fa per togliermi la stoffa e io cerco di schiacciarmi contro la tenda. Poi però l’uomo sorride in un modo che capisco che non vuole farmi male e la mamma piange. Allora gli faccio segno che andiamo nella tenda. Lui dev’essere furbo perché capisce senza le parole e andiamo tutti e tre nella tenda. Lui ha una luce tutta sua che si porta nella tasca e capisco che dev’essere uno spirito buono che è venuto a portarmi dal mio papà. Non ho paura e tolgo la stoffa. Lui non si spaventa e sorride. Ha anche un serpente blu che usa per sentire l’anima che abbiamo dentro e l’appoggia alla mia schiena. Guarda la mia bocca gli occhi le orecchie e tocca la mia pelle. Io non ho più la mia pelle ma lui non si spaventa e guarda tutto e sorride. La mamma lo aiuta a guardarmi e piange come se non sapesse più fare altro che piangere e dice grazie grazie. Poi lo spirito buono esce dalla tenda e io mi copro bene bene con la mia stoffa. Lo spirito buono va a chiamare l’uomo che sa parlare con tutti che ci dice che si può provare domani o dopodomani. La mamma mi abbraccia forte che smetto di respirare. Io non capisco perché poi vanno tutti via dopo un po’ e penso che forse non sono ancora pronta per andare ma la mamma dice che andiamo tutti insieme domani e che sarò felice. Io sono già più felice perché lo spirito buono mi ha guardato come se non fossi così brutta come sono. Non capisco molto di quello che succede. Andiamo in un posto vicino che è tutto bianco e argento e dentro c’è tanta gente e qualcuno a guardarlo mi fa paura. E mi avvolgo tutta nella stoffa azzurra. Ci sono lampade e scatole dappertutto. Poi arriva lo spirito buono e mi fa mettere su un lettino. Passa del tempo e ci sono tubicini e lampade dappertutto. Mi addormento e mi sveglio e poi di nuovo e ho male alla faccia, alla braccia e credo mi facciano delle punture. Ma la mamma non piange e sorride quando la guardo. Apro tutti e due gli occhi, credo. E ho la faccia tutta fasciata. Passa ancora tanto tempo e tante cose non le ricordo più. Mi ricordo però la mano dello spirito buono che accarezza la mia e l’odore forte che mi fa bruciare il naso. Torno al villaggio con delle cose da mettere sulla faccia e andiamo ancora qualche volta dagli spiriti buoni, anche se il mio spirito buono, il più buono di tutti, è andato via. Ma prima di partire mi ha dato di nuovo Maela. Lo so perché gli spiriti mi hanno fatto guardare il mio viso nuovo, ma non ci credo ancora del tutto. E allora ho aspettato di tornare al villaggio e pioveva e sono corsa alla pozzanghera più grande di tutte, e vi giuro su quanto ho di più caro, vi giuro che sono di nuovo Maela.

(tratto dal testo teatrale "Cicatrici" in collaborazione con TORINO SPETTACOLI)

lunedì 8 novembre 2010

Rosarno, mamma Africa riapre mensa per i neri

Rosarno, mamma Africa riapre mensa per i neri

di Francesco Gerace

ROMA - A Rosarno sono tornati i neri. "E io riapro la mensa" diceva giorni fa Norina Ventre, l'83enne ex maestra d'asilo, conosciuta come Mamma Africa per la sua opera in favore degli immigrati africani. Nel casolare di famiglia, lungo la strada che conduce a Vibo Valentia, Mamma Africa ieri sera ha 'inaugurato' la stagione 2010. Centoventi pasti caldi, allegria e affetto per tutti gli africani tornati da queste parti. E' stata una giornata festosa ed emozionante, non priva di tensione alla vigilia. La 'mensa' di Mamma Africa era stata distrutta dai vandali dopo i fatti di gennaio, Norina aveva pianto, ma l'ha rimessa in piedi. E' un capannone di campagna, una cucina di fortuna. Col tempo buono si mangia all'aperto.

Mamma Africa ha accolto a uno a uno gli ospiti, baci e abbracci e enormi porzioni di pasta al forno e pollo. La mensa dei neri di Rosarno è una delle più straordinarie opere di carità cristiana di questo lembo inquieto di Calabria, nata nel 1991 dalla fantasia di Norina, una bionda piccoletta di 83 anni. Nessun manifesto o conferenza stampa ha annunciato la riapertura di questo singolare ristorante. Norina ha accolto i figli mai avuti durante il matrimonio, ed ha per questi poveri le premure di una mamma vera. Non fa tutto da sola, altre madri, altre vedove, vicine di casa o amiche di altri paesi l'aiutano. Lei è l'anima di questa iniziativa, ci mette faccia e coraggio.

"Qui c'é bisogno di amore, noi siamo felici quando aiutiamo qualcuno - dice -. L'odio non porta da nessuna parte, anzi fa star più male chi lo compie. Lo so che non tutti apprezzano quel che faccio, qualcuno mi critica, ma non m'importa. Io faccio ciò che sento giusto". Come ha fatto a diventare mamma di questa moltitudine di disgraziati? "Io non sono diventata nulla, ho solo proseguito ciò che già mia madre faceva quando ero piccola. Aiutava chi era nel bisogno. La nostra porta è sempre stata aperta. Ricordo di quando preparavamo il pane per i poveri. Era bello, io ho continuato così, è normale, mi spiace solo di non poter fare ancora di più".

Da giovanissima, Norina si dedicò agli sfollati della guerra, poi ai baraccati di Rosarno, quindi alle raccoglitrici d'olive della piana di Gioia. Nel suo passato ci sono anche le scuole di formazione professionale ideate dalla Coldiretti, l'impegno per lo sviluppo nelle aree rurali. Oggi Norina è tutta per i neri. Li conosce uno per uno, sa dove trovarli. Con lei si confidano, da lei vanno a chiedere medicinali e conforto. Li rifornisce di coperte e vestiti, di scarpe. E nelle gelide albe invernali, ogni mattina offre loro latte caldo e caffé: "nessuno di questi ragazzi mangia un pasto caldo al giorno; come si fa a vivere a pane e formaggio per mesi ?".

La mensa è fatta solo con i soldi suoi e delle persone che l' aiutano, volontariato puro. "Dicono che a Rosarno siamo razzisti; sciocchezze. Sapeste quante mamme e quante vedove cucinano per i miei ragazzi. Facciamo fino a 250 pasti a domenica. Non penserà che li cucino da sola o che paghi tutto io". A chi chiede perché faccia tutto questo, Norina risponde con le stesse parole di Madre Teresa di Calcutta: "Perché non dovrei? Gesù ha detto che quando avremo dato da mangiare agli affamati, da bere agli assetati, curato i malati e i poveri, l'avremo fatto a lui". Norina è la fondatrice dell'Ordine delle vedove cristiane, un manipolo di anziane dedite a opere di carità, senza sedi, burocrazia, statuti.

"Non c'é tempo per queste cose, dice. Noi ci incontriamo per il Rosario e poi decidiamo cosa fare. Il vescovo è contentissimo. Ci chiamano dai paesi vicini per conoscerci, Natuzza Evolo (la mistica di Paravati morta l'anno scorso) tempo fa ci fece un elogio pubblico". Immigrati e senzatetto vogliono un gran bene a Norina. Per la festa della mamma l'hanno sommersa di fiori e dolci. E così pure il primo maggio. Lei vive in una casa modesta, non ama la ribalta, ha rifiutato di candidarsi alle comunali ("non è cosa per me") e pensa ai poveri. "Qualche giorno fa è venuto un grossista con 500 litri di latte che sarebbero scaduti entro pochi giorni e lui non avrebbe fatto in tempo a vendere. Sapesse quanti ragazzi hanno fatto colazione con quel latte....". Durante la rivolta Norina ospitò una giovane nera: "Era terrorizzata, tremava come una foglia, quasi non riusciva a parlare, tanto era agitata. Qui non ti toccherà nessuno, le dissi". In quei giorni Norina forse era l'unica persona che avrebbe potuto fermare la furia di quei ragazzi. Ma nessuno chiese il suo intervento, né la consultò prima che la situazione diventasse senza ritorno. Una sua parola avrebbe potuto cambiare il corso degli eventi. Ora che i neri sono tornati, Mamma Africa non ha paura di una nuova guerra: "Furono pochi 'figghiolazzi' a scatenare quel finimondo, Rosarno non è razzista, qui vive gente buona e generosa. E gli africani vengono a lavorare. Non scoppierà nessuna nuova guerra. Ci sono i poveri da aiutare invece. Ora se non vi dispiace...".

ROSARNO, TORNANO I LAVORATORI NERI - Gli africani sono tornati a Rosarno, in provincia di Reggio Calabria, perché qui c'é lavoro, quel lavoro che gli italiani non fanno più, perché la paga standard di 25 euro è ritenuta troppo bassa o semplicemente perché quello dei campi è un impegno faticoso, al freddo, spesso senza tutele; se ti fai male, peggio per te; e poi con la terra ci si sporca, e soddisfazioni zero. Ma c'é anche il rovescio della medaglia: se 25 euro al giorno sembrano pochi, si pensi che per le arance quest'anno si stima un prezzo alla produzione di 6-9 centesimi al kg e certi proprietari preferiscono lasciare i frutti sugli alberi.

Fino all'anno scorso gli immigrati vivevano nei dintorni di Rosarno e San Ferdinando in condizioni misere, dentro vecchie fabbriche dismesse, nel degrado totale, senza luce e acqua, senza servizi igienici né privacy di alcun tipo. Vite umane trasformate in carne da lavoro per aranceti e uliveti. Povere vite trasformate anche in 'bancomat' da bande di teppisti che di notte, armi alla mano, periodicamente spogliavano quei disgraziati dei pochi euro messi da parte. Rapine mai denunciate, rapine ripetute. Ma il bisogno era ed è più forte della malvagità altrui, perciò i neri sono tornati a Rosarno, sfidando la paura e la voglia di vendetta di qualcuno, ma sicuri di trovare un'occupazione nei campi.

E sicuri anche di poter contare sull'aiuto e l'amicizia di tante persone che a Rosarno e nella piana di Gioia Tauro si prodigano per dare una mano ai lavoratori africani. La mensa di Mamma Africa è solo uno dei tanti esempi in questo senso. Qui si sorride e si canta, si dimentica la paura dei brutti incontri, ci sono facce amiche, mani tese, il razzismo è solo una parola. Davanti alla pasta al forno di Norina Ventre e delle sue amiche si riannodano i fili di una umanità che si rifiuta di smarrire sé stessa nella spirale dell'emarginazione, dell'incomprensione, dell'assurdo dualismo bianchi-neri e anche dell'inesistente questione del 'quelli tolgono il lavoro a noi'. I neri di Rosarno oggi abitano in ricoveri poco in vista, casolari sperduti. Alcuni temerari, invece, hanno affittato vecchie case, 30-40 euro mensili a testa. Così, quei neri tanto controversi sono paradossalmente diventati fonte di guadagno per i proprietari di topaie che nessun'altro vorrebbe mai.

domenica 7 novembre 2010

INTERPLAST: PER RIDARE UN SORRISO (come aiutarci)

LA NOSTRA MISSIONE

interethnos interplast italy e' un'organizzazione di volontari IN chirurgia plastica ricostruttiva che organizza spedizioni nei paesi in via di sviluppo dove mancano le più elementari strutture sanitarie.:
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venerdì 8 ottobre 2010

Viaggiare senza barriere si può eccome!

Fonte ; Turisti Per caso

http://turistipercaso.it/

Viaggiare senza barriere si può eccome!

di Turisti Per Caso.it - pubblicato il 8/10/2010

Viaggiare senza barriere si può! Con barriere intendiamo sia quelle architettoniche, ostacoli fisici e oggettivi agli spostamenti, che quelle psicologiche, più impalpabili, ma a volte di ostacolo anche maggiore... Di turismo accessibile si parla un po' più spesso oggi, ma non ancora abbastanza. Siamo quindi molto felici di fare da eco al Manifesto per la promozione del Turismo Accessibile promosso dal Ministero del Turismo!
Navigando il nostro sito potete già trovare delle esperienze di viaggio che realizzano pienamente i presupposti e le ambizioni espresse dal Manifesto: l'obiettivo è fare in modo che per i diversamente abili viaggiare non sia per forza un'impresa eroica di alcuni più motivati e coraggiosi, ma un'occasione semplice per tutti.
Quando si parla di turismo accessibile, portiamo sempre come esempio il nostro amico Rolando, che qualche anno fa si è cimentato in un "giro del mondo a rotelle" che ha raccontato in diretta nella nostra area forum. Ma ci sono anche esperienze meno estreme, più facilmente replicabili, come quelle di Liberamondo e di Rotex, che -tra l'altro- è a disposizione come Guida per Caso accessibile dei Viaggi a rotelle! E' evidente però che non basta l'iniziativa personale, serve un'attenzione diffusa e -soprattutto- un territorio accogliente... Su questo punto interviene il Manifesto!


Manifesto per la promozione del Turismo Accessibile


In attuazione dell’art 30 della Convenzione Onu sui diritti delle
persone con disabilità ratificata con Legge n. 18 del 24/2/09

1. La persona nella sua accezione più completa, con i suoi specifici bisogni derivanti da condizioni personali e di salute (ad esempio: disabilità motorie, sensoriali, intellettive, intolleranze alimentari, ecc.) è un cittadino ed un cliente che ha diritto a fruire dell’offerta turistica in modo completo e in autonomia, ricevendo servizi adeguati e commisurati a un giusto rapporto qualità prezzo.

2. L’accessibilità comporta il coinvolgimento di tutta la filiera turistica a livello nazionale e locale, a partire da:
a. Il sistema dei trasporti;
b. La ricettività;
c. La ristorazione;
d. La cultura, il tempo libero e lo sport

3. L’accessibilità dei luoghi non deve determinare la scelta della vacanza: si deve poter scegliere una meta o struttura turistica perché piace e non perché essa è l’unica accessibile.

4. È necessario pensare l’accessibilità come accesso alle esperienze di vita, ovvero andare oltre il concetto dello "standard" valorizzando invece la centralità della persona/cliente con bisogni specifici.

5. L’informazione sull’accessibilità non può ridursi a un simbolo, ma deve essere oggettiva, dettagliata e garantita, onde permettere a ogni persona di valutare in modo autonomo e certo quali strutture e servizi turistici sono in grado di soddisfare le sue specifiche esigenze.

6. E’ necessario promuovere una comunicazione positiva, che eviti l’uso di termini discriminanti. Essa va diffusa in formati fruibili per tutti, e attraverso tutti i canali informativi e promozionali del mondo turistico.

7. Poiché l’accessibilità riguarda non solo aspetti strutturali e infrastrutturali, ma anche i servizi offerti ai turisti, occorre promuovere la qualità dell’accoglienza per tutti, ovvero incentivare un cambiamento culturale che generi profondi mutamenti dei modelli organizzativi e gestionali, ancora prima che strutturali.

8. E’ necessario incentivare la formazione delle competenze e delle professionalità, basata sui principi dello Universal Design e che coinvolga tutta la filiera delle figure professionali turistiche e tecniche: manager, impiegati, aziende, imprese pubbliche e private. Occorre inoltre aggiornare i programmi di studio degli Istituti per il Turismo, Tecnici, Universitari, dei Master e dei Centri Accademici a tutti i livelli.

9. Le Autonomie Locali, ognuna per le proprie competenze e vocazioni, hanno il compito di implementare l’accessibilità urbana, degli edifici pubblici e dei trasporti locali, pianificando inoltre periodiche azioni di verifica e di promozione delle proposte turistiche per tutti.

10. Per realizzare e promuovere il turismo accessibile in una logica di sistema si auspica la fattiva collaborazione tra gli Operatori turistici, le Autonomie Locali, gli Enti Pubblici, le Associazioni delle persone con disabilità e le Organizzazioni del turismo sociale. I principi ispiratori del Manifesto sono approfonditi nel documento “Istruzioni per l’uso del Manifesto per la Promozione del Turismo Accessibile”

Presentazione del Manifesto per un turismo accessibile


Intervento del Ministro del Turismo, On. Michela Vittoria Brambilla

Un paese davvero civile non può non consentire ai suoi cittadini la piena accessibilità a tutte le sue strutture pubbliche e private. E questo vale a maggior ragione per un settore, quello del turismo, che vede l’Italia primeggiare nel mondo per le sue eccellenze in tutti i campi. Se il turismo vuole davvero diventare uno degli asset strategici futuri di questo paese, non può fare dei distinguo fra chi può accedere a determinate strutture e chi no. Questo principio vale, attenzione, non solo per ragioni di civiltà ma rappresenta anche un investimento di tipo economico perché coinvolge milioni di potenziali clienti del turismo. Chi avrà fatto meglio in termini di accessibilità, più vedrà premiati i suoi investimenti.
Per questo la Commissione recentemente costituita presso il Ministero del Turismo sul turismo accessibile ha, come primo atto, voluto elaborare un breve manifesto che rappresenti la base programmatica e culturale del suo lavoro futuro. Un lavoro a cui sono chiamati a partecipare tutti coloro che fanno parte della filiera del turismo e che sono direttamente coinvolti con i temi che la commissione ha individuato come prioritari. In primo luogo ci rivolgiamo ai Comuni Italiani che di questa sensibilità devono essere i più diretti interpreti nel territorio e che invitiamo a partecipare costruttivamente a questo lavoro.
Il principio che deve guidare la nostra azione è semplice e chiarissimo: l’individuo nella sua totalità, con i suoi bisogni che derivano da personali condizioni di salute – qualunque esse siano, dalle disabilità motorie alle intolleranze alimentari, da una
gravidanza all’età avanzata – è un cittadino ed un cliente che ha diritto a fruire dell’offerta turistica in modo completo e in autonomia, ricevendo servizi adeguati a commisurati a ciò che paga. Questo principio ispiratore deve coinvolgere tutta la filiera turistica a livello nazionale e locale, dal sistema dei trasporti alla ricettività, dalla ristorazione alla cultura, lo sport, il tempo libero. Per questo abbiamo in programma un primo monitoraggio campione sull’accessibilità che si svolgerà in un gruppo di comuni scelti, dal Nord al Sud, in tutte le regioni d’Italia. I risultati di questa indagine ci aiuteranno a capire meglio la realtà esistente. Invito pertanto lei Presidente e tutti gli associati dell’Anci che stanno bene operando in questa direzione ad unirsi a noi in questo lavoro.

venerdì 1 gennaio 2010

REPORTAGE DALLA BOLIVIA

Ricevute prime notizie da Natalina(mia moglie) a Camiri.
Michele ,dopo 48 ore dalla partenza,siamo arrivati a Camiri . Il viaggio è stato tranquillo,buono il volo Alitalia fino a San Paolo del Brasile. Lì abbiamo fatto una sosta di 10 ore prima della partenza per Santa Cruz della Sierra in Bolivia. In aereoporto le pratiche doganali sono state abbastanza lunghe. Da Santa Cruz in auto abbiamo preso la strada per Camiri, oltre 300 Km. A metà strada ci siamo fermati in una missione Francescana, dove ci attendevano per la cena e dove abbiamo anche passato la notte, visto che era l'ultimo dell'anno ed era meglio continuare il viaggio di giorno. Ho parlato con il Padre Francescano, che mi ha detto di salutare a Pisa padre Guido, arrivato da poco, non so se lo conosci. Qui sembra di essere un pò come a Cuba. Domani allestiremo al meglio le sale operatorie con il materiale portato dall'Italia e Lunedì inizieremo ad operare.
Purtoppo è molto difficoltoso da qui comunicare con l'Italia, i nostri cellulare non funzionano e quindi si deve fare con una scheda telefonica locale non sempre reperibile. Internet poi è una rarità ed è molto lento. Saluta tutti a casa, ci sentiamo domani.

mercoledì 30 dicembre 2009

MISIONE IN BOLIVIA (Camiri)

Oggi parte la missione umanitaria di Interplas Italy , in Bolivia, io purtroppo non ci sarò, ma partira mia moglie.
interplast italy è nata a bologna nel 1988.
e' un'organizzazione di solidarietà sociale senza fini di lucro.
fanno parte della struttura italiana chirurghi plastici, infermieri, anestesisti e volontari non sanitari che dedicano alla causa il loro tempo libero.
interplast italy organizza spedizioni nei paesi in via di sviluppo dove mancano le più elementari strutture sanitarie.
fare chirurgia plastica in queste zone significa intervenire su gravi malformazioni del volto, importanti e severi esiti di ustioni, tumori di enormi dimensioni mai trattati, gravi traumi del volto con ferite lacero contuse e fratture dello scheletro facciale.
l'attività svolta è generalmente resa difficoltosa dalle condizioni ambientali e dalle centinaia di pazienti che affollano gli ambulatori nella speranza di essere visitati e curati. i medici volontari non fanno distinzioni di razza, sesso o religione, ma vengono generalmente privilegiati i bambini e i pazienti con le patologie più gravi nel tentativo di offrire loro la possibilità di avere una vita normale.
i sanitari partono per le missioni in accordo con il motto:
“the boats are save in the harbour, but they are not made to stay there”,

“le navi sono tranquille e sicure nel porto però non sono costruite per rimanere lì”

che significa: i professionisti non devono restare nel porto ma muoversi dove il bisogno li chiama.

anche l'organizzazione delle missioni richiede un grande impegno,
la preparazione dura almeno sei mesi e un intenso lavoro, anche di tipo diplomatico, nello stabilire i contatti con i paesi da visitare, per non rischiare di ledere equilibri etnici, politici, religiosi e per sollecitare l’indispensabile collaborazione dei professionisti presenti sul posto.
interplast italy, fornendo la propria opera gratuitamente, rende possibile ai pazienti più poveri, che altrimenti non avrebbero mai potuto essere curati, l’accesso alle strutture ospedaliere.

l'organizzazione vive grazie allo sforzo e alla dedizione dei volontari che offrono grande professionalità, tempo, energia, contribuendo il più delle volte anche finanziariamente.

Camiri è una zona nel sud della Bolivia, tra il Paraguay ed il Brasile, a circa 300 Km da Santa Cruz della Sierra.
La missione in bolivia, a camiri, è partita il 17 luglio 1998. l’invito ci è pervenuto da padre tarcisio ciabatti, coordinatore delle iniziative sanitarie della chiesa cattolica nella provincia cordillera che ha sottolineato lo stato di estrema povertà e le difficoltà logistiche e climatiche dovute alle escursioni termiche. considerando l’incredibile stato di povertà, i sanitari, con l'aiuto di alcuni volontari, hanno provveduto a raccogliere i pazienti delle aree più disperse, coprendo anche le spese relative al trasporto, reso particolarmente complicato dalle piogge e dalle condizioni delle strade, quasi ovunque non asfaltate.
Faccio personalmente i miei auguri a queste persone,che magari parlano poco, ma fanno i fatti, e spero che da Camiri mi arrivino notizie, da poter poi girare a tutti gli interessati.

giovedì 27 dicembre 2007

Il cuore si scioglie

Corri per...Il Cuore si scioglie
Domenica 20 gennaio 2008, insieme per aiutare le popolazioni dei paesi poveri del Sud del mondo
Ritrovo alle ore 7.00 in Corso Matteotti a Cascina e partenza alle ore 8.15 per la manifestazione podistica amatoriale non competitiva di 5-10 e 18 km sui monti pisani, con premi individuali e alle società, prova valida per il Trofeo delle province Pisa-Livorno - Lucca e per il Trofeo pisano di podismo.
Il ricavato dell'iscrizione sarà interamente devoluto a Il Cuore si scioglie per interventi umanitari quali opere di promozione dei diritti primari alla vita, alla salute, alla dignità umana per le popolazioni dei paesi poveri del sud del mondo.
Lo organizza l'associazione Fratres donatori di sangue di Cascina con il Comune di Cascina, volontari e Protezione civile, Misericordia e la sezione soci Coop