martedì 9 novembre 2010

LEGGI LE STORIE DI CHI, GRAZIE ALL'INTERVENTO DI INTERETHNOS INTERPALST ITALY E' TORNATO A SORRIDERE.

LEGGI LE STORIE DI CHI, GRAZIE ALL'INTERVENTO DI INTERETHNOS INTERPALST ITALY E' TORNATO A SORRIDERE.

La storia di Maela del Bangladesh

Mi chiamo Maela. Credo che il mio nome voglia dire che vengo dal regno dei buoni spiriti o qualcosa del genere. La mia mamma è molto stanca e dolce. Il mio papà è andato dagli spiriti molto tempo fa. Ho sei anni e viviamo tutti col fratello della mamma che ci ha accolti nella sua famiglia: io, la mamma e i miei due fratelli più grandi. C’è molta terra rossa qui e vento caldo. Abbiamo un pozzo nel villaggio. Lavoro tutto il giorno per aiutare la mamma e le altre donne. Guardo i bambini più piccoli perché so raccontare storie. Alcune storie le so fin da piccola piccola, altre le invento un po’ e le cambio, per fare sognare. Quando piove è bellissimo qui, diventa tutto fango e si corre a bocca aperta. Si formano pozzanghere e allora mi guardo. La mamma dice che non bisogna guardarsi troppo, che si perde tempo. A me non sembra. Sono piccola ma mi piaccio così, ho i capelli neri e la pelle liscia. Le mie spalle bagnate sembrano quelle di una ragazza grande, per il resto invece sono ancora la piccola Maela. Una notte. Una notte è molto buio e poi c’è una luce forte, sento molto caldo e le urla. Urlano tutti. AHHHHH urlo anch’io ho tanto male e ho paura. Mamma, mamma. Mi sveglio dopo tanto tempo. Ho male ancora male, ma è giorno. Non sono più nella mia tenda, sono in una specie di tenda grande. Vedo con un solo occhio. L’occhio sinistro. Ho delle bende. La mamma mi tiene la mano e piange. Piange per tanto tempo. Mi sveglio di nuovo ma è uguale. Il corpo ha delle fasce e vedo da un occhio solo. L’’occhio sinistro. La mamma dice che mi stanno curando, vedo la donna anziana che mi spalma il corpo. Mi danno da bere delle cose che fanno dormire e dico alla mamma che sto bene, ma non mi sembra di stare bene. Passa del tempo, non so quanto tempo. Mi dicono del mio fratello che non c’è più. E’ andata col mio papà e ci aspetta. Io vorrei andare con loro. Non lo dico alla mamma. Lei piange seduta per terra mentre io dormo. Non so dove sono, credo al centro dove c’è la scuola e il posto dei vaccini. Non mi piace venire qui. Ma ci sono. La mamma dice che presto torniamo a casa e non piange più. Torno a casa con delle fasce su una parte della faccia. L’occhio destro vede male ma c’è. Dicono che mi ha salvato uno spirito buono. Sono debole, non ho più tanto male. Andiamo a stare da degli amici della mamma in una tenda vicino a dove abitavo prima. La mia casa non c’è più ma il villaggio e lo stesso. La gente del villaggio però non mi guarda più come prima. Esco con la mamma a lavorare un po’ con lei in giro per il villaggio. Esco ogni giorno di più. Le fasce dalla faccia le posso togliere ma ho capito che è meglio di no. La mamma si spaventa e forse anche gli altri. La mamma mi compra un pezzo di stoffa da un mercante che passa o forse il mercante mi vede e le regala un pezzo di stoffa azzurro come il cielo. Lo metto sulla faccia. Viene la pioggia e mi viene voglia di cercare una pozza d’acqua e cercare Maela. Tolgo la stoffa. Piango tanto che mi sembra di piovere dentro. La mamma corre e piange con me. Non voglio più raccontare storie. Non sento la fame, eppure ho sempre avuto fame. Un giorno arriva un pulmino bianco. Scendono persone bellissime che ridono e parlano in un altro modo dal nostro. Qualcuno da ai bambini dei dolci. Io non li prendo. Sto seduta vicino alla mia tenda con la stoffa azzurra, ma li guardo bene col mio occhio sinistro. La mamma sembra molto allegra e parla con un uomo che parla come noi e anche come le persone belle. Parla di me e chiama: Maela Maela. Ma io non vado. Ho un po’ paura e non voglio allontanare quelle persone belle. Penso che se mi vedono se ne vanno subito. Viene un uomo biondo con una grande borsa e la mamma cerca di aiutarlo a portare la borsa. Penso mi dia dei dolci. Invece mi parla ma non capisco e sorride. Fa per togliermi la stoffa e io cerco di schiacciarmi contro la tenda. Poi però l’uomo sorride in un modo che capisco che non vuole farmi male e la mamma piange. Allora gli faccio segno che andiamo nella tenda. Lui dev’essere furbo perché capisce senza le parole e andiamo tutti e tre nella tenda. Lui ha una luce tutta sua che si porta nella tasca e capisco che dev’essere uno spirito buono che è venuto a portarmi dal mio papà. Non ho paura e tolgo la stoffa. Lui non si spaventa e sorride. Ha anche un serpente blu che usa per sentire l’anima che abbiamo dentro e l’appoggia alla mia schiena. Guarda la mia bocca gli occhi le orecchie e tocca la mia pelle. Io non ho più la mia pelle ma lui non si spaventa e guarda tutto e sorride. La mamma lo aiuta a guardarmi e piange come se non sapesse più fare altro che piangere e dice grazie grazie. Poi lo spirito buono esce dalla tenda e io mi copro bene bene con la mia stoffa. Lo spirito buono va a chiamare l’uomo che sa parlare con tutti che ci dice che si può provare domani o dopodomani. La mamma mi abbraccia forte che smetto di respirare. Io non capisco perché poi vanno tutti via dopo un po’ e penso che forse non sono ancora pronta per andare ma la mamma dice che andiamo tutti insieme domani e che sarò felice. Io sono già più felice perché lo spirito buono mi ha guardato come se non fossi così brutta come sono. Non capisco molto di quello che succede. Andiamo in un posto vicino che è tutto bianco e argento e dentro c’è tanta gente e qualcuno a guardarlo mi fa paura. E mi avvolgo tutta nella stoffa azzurra. Ci sono lampade e scatole dappertutto. Poi arriva lo spirito buono e mi fa mettere su un lettino. Passa del tempo e ci sono tubicini e lampade dappertutto. Mi addormento e mi sveglio e poi di nuovo e ho male alla faccia, alla braccia e credo mi facciano delle punture. Ma la mamma non piange e sorride quando la guardo. Apro tutti e due gli occhi, credo. E ho la faccia tutta fasciata. Passa ancora tanto tempo e tante cose non le ricordo più. Mi ricordo però la mano dello spirito buono che accarezza la mia e l’odore forte che mi fa bruciare il naso. Torno al villaggio con delle cose da mettere sulla faccia e andiamo ancora qualche volta dagli spiriti buoni, anche se il mio spirito buono, il più buono di tutti, è andato via. Ma prima di partire mi ha dato di nuovo Maela. Lo so perché gli spiriti mi hanno fatto guardare il mio viso nuovo, ma non ci credo ancora del tutto. E allora ho aspettato di tornare al villaggio e pioveva e sono corsa alla pozzanghera più grande di tutte, e vi giuro su quanto ho di più caro, vi giuro che sono di nuovo Maela.

(tratto dal testo teatrale "Cicatrici" in collaborazione con TORINO SPETTACOLI)

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