lunedì 8 novembre 2010

Rosarno, mamma Africa riapre mensa per i neri

Rosarno, mamma Africa riapre mensa per i neri

di Francesco Gerace

ROMA - A Rosarno sono tornati i neri. "E io riapro la mensa" diceva giorni fa Norina Ventre, l'83enne ex maestra d'asilo, conosciuta come Mamma Africa per la sua opera in favore degli immigrati africani. Nel casolare di famiglia, lungo la strada che conduce a Vibo Valentia, Mamma Africa ieri sera ha 'inaugurato' la stagione 2010. Centoventi pasti caldi, allegria e affetto per tutti gli africani tornati da queste parti. E' stata una giornata festosa ed emozionante, non priva di tensione alla vigilia. La 'mensa' di Mamma Africa era stata distrutta dai vandali dopo i fatti di gennaio, Norina aveva pianto, ma l'ha rimessa in piedi. E' un capannone di campagna, una cucina di fortuna. Col tempo buono si mangia all'aperto.

Mamma Africa ha accolto a uno a uno gli ospiti, baci e abbracci e enormi porzioni di pasta al forno e pollo. La mensa dei neri di Rosarno è una delle più straordinarie opere di carità cristiana di questo lembo inquieto di Calabria, nata nel 1991 dalla fantasia di Norina, una bionda piccoletta di 83 anni. Nessun manifesto o conferenza stampa ha annunciato la riapertura di questo singolare ristorante. Norina ha accolto i figli mai avuti durante il matrimonio, ed ha per questi poveri le premure di una mamma vera. Non fa tutto da sola, altre madri, altre vedove, vicine di casa o amiche di altri paesi l'aiutano. Lei è l'anima di questa iniziativa, ci mette faccia e coraggio.

"Qui c'é bisogno di amore, noi siamo felici quando aiutiamo qualcuno - dice -. L'odio non porta da nessuna parte, anzi fa star più male chi lo compie. Lo so che non tutti apprezzano quel che faccio, qualcuno mi critica, ma non m'importa. Io faccio ciò che sento giusto". Come ha fatto a diventare mamma di questa moltitudine di disgraziati? "Io non sono diventata nulla, ho solo proseguito ciò che già mia madre faceva quando ero piccola. Aiutava chi era nel bisogno. La nostra porta è sempre stata aperta. Ricordo di quando preparavamo il pane per i poveri. Era bello, io ho continuato così, è normale, mi spiace solo di non poter fare ancora di più".

Da giovanissima, Norina si dedicò agli sfollati della guerra, poi ai baraccati di Rosarno, quindi alle raccoglitrici d'olive della piana di Gioia. Nel suo passato ci sono anche le scuole di formazione professionale ideate dalla Coldiretti, l'impegno per lo sviluppo nelle aree rurali. Oggi Norina è tutta per i neri. Li conosce uno per uno, sa dove trovarli. Con lei si confidano, da lei vanno a chiedere medicinali e conforto. Li rifornisce di coperte e vestiti, di scarpe. E nelle gelide albe invernali, ogni mattina offre loro latte caldo e caffé: "nessuno di questi ragazzi mangia un pasto caldo al giorno; come si fa a vivere a pane e formaggio per mesi ?".

La mensa è fatta solo con i soldi suoi e delle persone che l' aiutano, volontariato puro. "Dicono che a Rosarno siamo razzisti; sciocchezze. Sapeste quante mamme e quante vedove cucinano per i miei ragazzi. Facciamo fino a 250 pasti a domenica. Non penserà che li cucino da sola o che paghi tutto io". A chi chiede perché faccia tutto questo, Norina risponde con le stesse parole di Madre Teresa di Calcutta: "Perché non dovrei? Gesù ha detto che quando avremo dato da mangiare agli affamati, da bere agli assetati, curato i malati e i poveri, l'avremo fatto a lui". Norina è la fondatrice dell'Ordine delle vedove cristiane, un manipolo di anziane dedite a opere di carità, senza sedi, burocrazia, statuti.

"Non c'é tempo per queste cose, dice. Noi ci incontriamo per il Rosario e poi decidiamo cosa fare. Il vescovo è contentissimo. Ci chiamano dai paesi vicini per conoscerci, Natuzza Evolo (la mistica di Paravati morta l'anno scorso) tempo fa ci fece un elogio pubblico". Immigrati e senzatetto vogliono un gran bene a Norina. Per la festa della mamma l'hanno sommersa di fiori e dolci. E così pure il primo maggio. Lei vive in una casa modesta, non ama la ribalta, ha rifiutato di candidarsi alle comunali ("non è cosa per me") e pensa ai poveri. "Qualche giorno fa è venuto un grossista con 500 litri di latte che sarebbero scaduti entro pochi giorni e lui non avrebbe fatto in tempo a vendere. Sapesse quanti ragazzi hanno fatto colazione con quel latte....". Durante la rivolta Norina ospitò una giovane nera: "Era terrorizzata, tremava come una foglia, quasi non riusciva a parlare, tanto era agitata. Qui non ti toccherà nessuno, le dissi". In quei giorni Norina forse era l'unica persona che avrebbe potuto fermare la furia di quei ragazzi. Ma nessuno chiese il suo intervento, né la consultò prima che la situazione diventasse senza ritorno. Una sua parola avrebbe potuto cambiare il corso degli eventi. Ora che i neri sono tornati, Mamma Africa non ha paura di una nuova guerra: "Furono pochi 'figghiolazzi' a scatenare quel finimondo, Rosarno non è razzista, qui vive gente buona e generosa. E gli africani vengono a lavorare. Non scoppierà nessuna nuova guerra. Ci sono i poveri da aiutare invece. Ora se non vi dispiace...".

ROSARNO, TORNANO I LAVORATORI NERI - Gli africani sono tornati a Rosarno, in provincia di Reggio Calabria, perché qui c'é lavoro, quel lavoro che gli italiani non fanno più, perché la paga standard di 25 euro è ritenuta troppo bassa o semplicemente perché quello dei campi è un impegno faticoso, al freddo, spesso senza tutele; se ti fai male, peggio per te; e poi con la terra ci si sporca, e soddisfazioni zero. Ma c'é anche il rovescio della medaglia: se 25 euro al giorno sembrano pochi, si pensi che per le arance quest'anno si stima un prezzo alla produzione di 6-9 centesimi al kg e certi proprietari preferiscono lasciare i frutti sugli alberi.

Fino all'anno scorso gli immigrati vivevano nei dintorni di Rosarno e San Ferdinando in condizioni misere, dentro vecchie fabbriche dismesse, nel degrado totale, senza luce e acqua, senza servizi igienici né privacy di alcun tipo. Vite umane trasformate in carne da lavoro per aranceti e uliveti. Povere vite trasformate anche in 'bancomat' da bande di teppisti che di notte, armi alla mano, periodicamente spogliavano quei disgraziati dei pochi euro messi da parte. Rapine mai denunciate, rapine ripetute. Ma il bisogno era ed è più forte della malvagità altrui, perciò i neri sono tornati a Rosarno, sfidando la paura e la voglia di vendetta di qualcuno, ma sicuri di trovare un'occupazione nei campi.

E sicuri anche di poter contare sull'aiuto e l'amicizia di tante persone che a Rosarno e nella piana di Gioia Tauro si prodigano per dare una mano ai lavoratori africani. La mensa di Mamma Africa è solo uno dei tanti esempi in questo senso. Qui si sorride e si canta, si dimentica la paura dei brutti incontri, ci sono facce amiche, mani tese, il razzismo è solo una parola. Davanti alla pasta al forno di Norina Ventre e delle sue amiche si riannodano i fili di una umanità che si rifiuta di smarrire sé stessa nella spirale dell'emarginazione, dell'incomprensione, dell'assurdo dualismo bianchi-neri e anche dell'inesistente questione del 'quelli tolgono il lavoro a noi'. I neri di Rosarno oggi abitano in ricoveri poco in vista, casolari sperduti. Alcuni temerari, invece, hanno affittato vecchie case, 30-40 euro mensili a testa. Così, quei neri tanto controversi sono paradossalmente diventati fonte di guadagno per i proprietari di topaie che nessun'altro vorrebbe mai.

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