sabato 8 ottobre 2016

XXVIII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO 2016

9 ottobre 2016

L’episodio evangelico della guarigione dei lebbrosi ci sorprende: dei dieci beneficati, uno solo sente il dovere di tornare a manifestare la sua gratitudine. Ed è un Samaritano. Gli altri probabilmente credono che ad essi tutto è dovuto. Ciò può verificarsi anche a livello di famiglia o di lavoro: basta poco per dire “grazie”.

ÀLZATI, LA TUA FEDE TI HA SALVATO

commento
Benché troppo umiliante per un uomo del suo rango sociale – capo dell’esercito del re di Aram – Naaman si fida dell’«uomo di Dio» e, lavandosi nel Giordano sette volte, ne esce guarito dalla lebbra (I Lettura).
Spesso la fede chiede all’uomo di sovvertire la propria mentalità, i propri schemi, i propri tempi, a volte chiede anche l’umiliazione del cuore, che, tuttavia, produce l’obbedienza della fede e la salvezza (Cfr. Sal 118,71). Tutto ciò prevede che moriamo a noi stessi e al nostro orgoglio, per condividere la croce di Cristo e così la sua gloria eterna (II Lettura).
L’esempio ci viene luminosamente dato da quell’unica persona lebbrosa che, debitrice del miracolo di Gesù, torna a ringraziarlo: è un Samaritano! Egli, considerato un reietto secondo i canoni del popolo di Israele, vince l’amor proprio e gli schemi sociali e, gettandosi ai piedi di Gesù, ottiene non solo la salute fisica, bensì ancor più la salvezza (Vangelo).

Tiberio Cantaboni

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