martedì 1 novembre 2011

“Se non ora, adesso”, parola di Don Gallo


Intervista al sacerdote genovese tra crisi di sistema e futuro rinnovamento.

Genovese classe 1928, controcorrente da sempre, una vita spesa a sostegno dei più deboli attraverso un inesauribile impegno sociale. Questo e tanto altro è Don Andrea Gallo, sacerdote fondatore della Comunità di San Benedetto al Porto (GE) e voce fuori dal coro del panorama ecclesiastico nostrano.

Peccato che Don sia un prete, se fosse un politico, avremmo trovato il nostro leader, così scriveva di lui qualche tempo fa Loris Mazzetti, storico collaboratore di Enzo Biagi. Il sacerdote genovese è, infatti, da sempre attento osservatore ed implacabile commentatore delle dinamiche interne al nostro Paese e alle istituzioni della Chiesa stessa.

Ghigliottina.it ha intervistato Don Gallo per discutere dell’attuale situazione italiana e del cambiamento che verrà.

- Quali sono i sentimenti della gente comune in questo particolare periodo?

La gente è sbigottita e sconcertata. Soprattutto le persone comuni, quelle che lavorano e sono la maggioranza. Secondo la recente ricerca Caritas-Fondazione San Carlo, un numero sempre maggiore di italiani vive ormai sotto la soglia di povertà. Il potere ha stabilito che su 100 cittadini solo 1 può arricchirsi, gli altri 99 sono destinati all’impoverimento progressivo affinché i privilegi ed i guadagni di quell’unico continuino ad essere garantiti.

Ci sono famiglie sempre state lavoratrici che d’improvviso si ritrovano senza nemmeno uno stipendio a dover pagare un mutuo e sono così obbligate a ricorrere ad ulteriori prestiti o all’usura. C’è poi la disoccupazione giovanile per i ragazzi dai 22-24 fino ai 35 anni, per non parlare della mancanza di lavoro per le persone tra i 50 ed i 60 anni. Ogni anno 50.000 giovani laureati italiani, sono costretti ad abbandonare i propri affetti e punti di riferimento per cercare lavoro all’estero. Pensa a quanta sofferenza può causare questo nelle famiglie e nei ragazzi stessi.

Altro problema sono i continui tagli ai servizi sociali. Ad esempio il Comune di Genova, pur investendo il 42% delle sue risorse in questo settore, recentemente è stato obbligato a radunare tutti i suoi operatori sociali per comunicare che con i fondi disponibili a stento si riusciranno a coprire le spese di qui alla fine dell’anno. In questi giorni mi sono poi recato sui luoghi dell’alluvione ed è assurdo anche il fatto che solo quando si verificano eventi del genere allora ci si accorge degli abusi edilizi, dell’aggressione al territorio e del non rispetto delle norme.

- E la rabbia?

La mattina mi alzo cercando di essere sempre e comunque ottimista nella ferma convinzione che, nonostante la gravità della situazione, la speranza riesca ad essere sempre più forte del male. Personalmente continuo a scegliere e diffondere la non violenza, ma è evidente che in circostanze come queste esista un reale pericolo causato dalla capacità di contagio che la violenza possiede.

Quando ci si accorge che le alte sfere continuano cinicamente a giocherellare con il destino dell’Italia, allora è chiaro che esse non abbiano nemmeno il diritto di condannare ciò che accade nelle piazze poiché sono loro i primi a praticare un’ingiustificabile forma di violenza, la violenza del potere. La rivolta del 15 ottobre è stata sicuramente causata da tanti infiltrati e strumentalizzatori, ma la rabbia c’è ed è diffusa.

- Oltre tutti i buoni propositi che molti in questi hanno propagandato, secondo Lei una fase di rinnovamento ha già preso il via oppure deve ancora scattare la molla in grado di innescare il cambiamento?

A partire da Tangentopoli e in particolare negli ultimi due o tre anni, minoranze consistenti hanno preso coscienza della realtà ed hanno iniziato ad approfondire. Qualche mese fa, scherzando con il segretario generale della FIOM Landini, gli dissi che il movimento femminile del 13 febbraio era riuscito a trovare uno slogan ancora più convincente dei loro.

Le donne avevano, infatti, iniziato a gridare “Se non ora, quando”, una frase significativa per contestare l’inverosimile condizione di subordine che il mondo femminile è ancora costretto a vivere. Ispirandoci a quella frase, noi tutti dovremmo gridare “Se non ora, adesso” (slogan che è anche titolo di uno degli ultimi libri di Don Gallo, ndr) per denunciare chi in prima classe continua orge e danze mentre la nave affonda. Dobbiamo difenderci da chi cerca di uccidere la democrazia nel nostro Paese. Il movimento c’è, siamo a due passi da una svolta epocale per il mondo, ma per ottenere il vero cambiamento l’unica strada praticabile è la non violenza.

- C’è chi nell’attuale panorama politico propone come panacea di tutti i mali la “rottamazione” della vecchia classe dirigente, Lei cosa pensa a riguardo?

Nessuno può negare che ci si trovi in una grave fase di crisi politica. Abbiamo un premier che viene perfino deriso dal “Times” di Londra attraverso vignette che lo ritraggono in pose a dir poco imbarazzanti, già questo dovrebbe bastare a far comprendere il livello della condizione che stiamo vivendo. Si parla molto di possibili governi di transizione o di salvezza nazionale ma, anche se avvenisse un cambio di esecutivo, bisognerebbe comunque tenere a mente che ci troviamo di fronte ad una vera e propria crisi di sistema. Si tratta di un periodo di totale sbandamento che si protrarrà a lungo.

Purtroppo dinanzi al problema molti si ritirano nel qualunquismo e nell’assenteismo, ma ci sono anche tante persone consapevoli e pronte ad affrontare il lungo e faticoso cammino che porterà ad inaugurare una nuova fase. Il consumismo degli anni ’80 ha riguardato un po’ tutti e quindi un po’ tutti sono responsabili dell’attuale situazione, per questo è tempo che ognuno si assuma le proprie responsabilità.

- A proposito di partecipazione: qualche settimana fa a Todi, il Cardinal Bagnasco ha esortato i cattolici a rifuggire l’assenteismo sociale. Oltre che incentivare con moniti come questo i fedeli, cosa dovrebbe fare la Chiesa per dimostrare il proprio contributo in questa delicata fase?

Io sono prete da 52 anni, e la Chiesa cattolica è la mia casa, tuttavia penso che in un momento come questo essa avrebbe fatto meglio a tacere poiché complice della situazione creatasi. La Chiesa ha sempre sostenuto i governi di centro-destra ma adesso, resasi ormai conto che la barca sta andando a picco, cerca di tutelare come può i propri interessi, privilegi e possibilità d’ingerenza.

Non bisogna poi dimenticare che la Chiesa fa parte di quel 10% di italiani possessore del 50% della ricchezza nazionale, anche questo è totalmente inconcepibile. Non ho alcuna remora verso il Cardinal Bagnasco che è anche mio arcivescovo, in questo frangente mi è però impossibile tacere. Se poi credono, mi correggano o mi castighino pure, ma non possono impedirmi di esprimere liberamente ciò che penso.

A Todi è stato detto che è indispensabile creare un nuovo soggetto politico in cui i cattolici possano riconoscersi ma, di fatto, lì sulla passerella sono sfilati personaggi come Formigoni, Casini e Buttiglione. Sarebbe questo il nuovo di cui si ha necessità? I cristiani non hanno bisogno di autoreferenzialità, essi camminano insieme agli altri orientandosi con un’unica bussola che è la laica Costituzione Italiana. Bisogna donare sé stessi per il bene comune, la solidarietà, il sussidio sociale e la tolleranza.

In Italia invece si continua a dare spazio ai cosiddetti cattolici moderati, a politici che ambiscono soltanto alla poltrona risultando ben lontani dall’essere portatori di testimonianza evangelica. L’ingerenza della Chiesa è poi un fenomeno sottile e nascosto, dimostrato in tutta evidenza dall’arretratezza del nostro Paese sulle questioni di bioetica e anche dall’ingiustificabile stop che ha stroncato sul nascere la proposta di aggravanti per reati di omofobia presentata dall’on. Concia. Rispetto della Costituzione e laicità sono gli unici strumenti in grado di tutelare realmente le minoranze.

(Fonte immagine: http://informagiovanicomunedisarzana.blogspot.com/)

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