lunedì 8 agosto 2011

Qatar : “Non si fuma sull’aereo”, italiano rischia di morire in carcere a Doha in Qatar


TREVISO – Brutta, bruttissima disavventura per un italiano in viaggio verso il Qatar. Le hostess pensano che stia fumando in aereo, sul volo Venezia-Doha della Qatar Airways, e per Marco Carmagnola, 46 anni di Trevignano, inizia un incubo culminato in tre giorni di carcere con i peggiori criminali del paese, con tanto di attacco epilettico in cella che poteva avere conseguenze fatali. Se è rimasto in vita, lo deve ai medici dei due ospedali del paese dove è stato trasportato in condizioni disperate, ma anche all’ambasciata italiana che è riuscita a farlo curare bene e a restituirgli la libertà.

L’incredibile vicenda vissuta dall’imprenditore, figlio di un noto colonnello dei bersaglieri e trapiantato per scelta da anni nelle Filippine, è raccontata dal Gazzettino e risale al 25 luglio quando Carmagnola, assieme alla moglie e dopo aver speso tremila euro, prende posto sul volo diretto, dopo scalo a Doha, verso Manila. Carmagnola racconta: “Circa un’ora prima dell’atterraggio a Doha, attivo un inalatore a batteria del tutto simile a una sigaretta, solo che rilascia aromi inodori per gli altri passeggeri. Un’assistente di volo lo vede e mi interrompe con modi poco cordiali al che ripongo l’inalatore nel taschino della camicia. Appena tocchiamo terra, salgono a bordo agenti della security aeroportuale che mi prelevano consegnandomi alla polizia. Mi viene sequestrato il passaporto e il biglietto aereo. Mi impediscono anche l’accesso ai bagagli che la mia consorte avrebbe potuto portare a destinazione, visto che eravamo diretti nelle Filippine. Quei bagagli sono a tutt’oggi in qualche deposito dell’aeroporto”.

È solo l’inizio della disavventura: “All’alba, ammanettato, vengo tradotto in un carcere dove mi rinchiudono in una cella di 18 metri quadrati assieme ad altre sette persone, accusate a vario titolo di furti e omicidi. La polizia mi requisisce perfino il cellulare e poi veniamo scortati in quello che è a tutti gli effetti un tribunale di giustizia sommaria: nessun interprete, nessuna possibilità di comunicare con l’esterno. Ovviamente la sentenza del tribunale non l’ho capita perchè espressa in lingua araba. E lì se non parli arabo sei spacciato. Nemmeno l’inglese mi è servito”.

I ricordi di Carmagnola sono nitidissimi: “Ho passato la notte in quelle condizioni, senza possibilità di fare una doccia e tanto meno di cambiarmi d’abito. Sotto stress, senza poter assumere i miei medicinali, il mattino dopo ho avuto un malore e sono entrato in crisi epilettica. Mi hanno ricoverato in un primo ospedale per essere poi trasferito con l’ambulanza in un altro dove sono stato tre notti assistito da medici e paramedici preparatissimi. Il contatto con l’ambasciata d’Italia di Doha è stato fulmineo: la vice ambasciatrice e una sua collega sono venute in ospedale a incontrarmi condividendo la mia sventura”.

Dopo 20 voli con la Qatar Airways ora Marco Carmagnola è finito perfino nella black list. Poteva morire in cella e non potrà più volare con quella compagnia: tutto senza un perché. Ma almeno ora ha riabbracciato la moglie nella sua Cebu, dove promuove campagne internazionali a favore dei bambini e in cui ha ritagliato il suo angolo di paradiso. Quello vero.

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