domenica 15 maggio 2011

Thailandia : Cosa Succede In Un Carcere, Thailandese [1]

Cosa succede in un carcere Thailandese (1). Ho sentito in televisione un commento di Marco Pannella, Leader Storico dei Radicali, sulle carceri italiane. Le descrive come un luogo indegno e bisognoso di controllo da parte di organizzazioni umanitarie varie. Non posso parlare per esperienza personale perché non ho mai visitato un carcere italiano, ma posso dirvi come funziona un carcere thailandese. All’intelligenza di chi legge lascio il giudizio. Io purtroppo un carcere Thailandese lo conosco bene. Ne sono uscito in entrambe le mie esperienze (tre mesi e mezzo a Bangkok e 2 anni e 15 giorni a Chiangmai) assolto con formula piena, fatto rarissimo in Thailandia. Ma le umiliazioni, le sofferenze e le privazioni che vi ho subìto, nonostante le sentenze di assoluzione con formula piena, me le porterò dietro fino alla morte. Insieme alle cicatrici fisiche.

Cominciamo da quando si entra in carcere. Vi si giunge dal Tribunale, l’organo che sancisce la tua detenzione. Fino ad allora si è detenuti nelle celle della Polizia, putridi e maleodoranti stanzoni con un solo cesso (alla turca) e acqua per le abluzioni in un serbatoio di cemento, dove si dorme in compagnia di zanzare, scarafaggi e, sovente, ratti grossi come gatti. Dalle celle del Tribunale si sale incatenati a due a due su un autobus privo di sedili in cui si viene rinchiusi sotto l’occhio di un agente di custodia Thai armato di pistola e fucile a pompa. Arrivati alla prigione avviene la prima conta (ce ne saranno 4) e la prima perquisizione personale. Ogni oggetto personale viene sequestrato, eventuali medicine verificate da un infermiere che ne scarta il 90 per cento. Io avevo delle pillole antiallergiche e dovetti questionare per tenerle. Ogni bene viene elencato e il detenuto firma per conferma. I soldi vengono contati e versati sul conto del singolo detenuto. Vicino a me, quando feci il primo “check-in” al Carcere Centrale di Chiangmai (CMCP), il kapò (chiamavo così i detenuti che rivestivano compiti di “polizia interna” per conto dei secondini, vestiti in pantaloncini neri e camicia bianca, con bastoni di legno al fianco) contò 5.000 Baht ad un detenuto Thai e gli fece firmare una ricevuta per 2.000. Seppi poi che rapinare i nuovi entrati era consuetudine. Il secondino incaricato della “prima accoglienza” prende la sua parte. Dopo esser stai contati, perquisiti e privati di ogni effetto personale, ai detenuti sono tolte le manette e vengono fatti passare attraverso la porta corazzata che fa accedere alla prigione vera e propria. Qui avviene la seconda conta, il controllo dei vestiti ed una perquisizione accurata. Questo secondo avvilente controllo avviene all’aperto nel cortile del centro di sicurezza della prigione il cui accesso non è consentito alla popolazione normale. È la sede della sicurezza del carcere. Ogni detenuto deve spogliarsi nudo in mezzo al cortile e i suoi vestiti ed oggetti di toeletta, filtrati dal primo controllo, vengono passati al setaccio. Poiché i detenuti all’interno del carcere non possono portare pantaloni lunghi questi vengono tagliati indipendentemente dal valore. La prima volta ci rimisi un paio di braghe da sartoria…. Ogni detenuto deve accosciarsi nudo e, a gambe divaricate, fare delle flessioni tenendo le braccia dietro la testa per evitare che abbiano qualcosa nascosto nell’ano. I capelli vengono controllati quasi uno per uno. Un giorno vidi una perquisizione condotta il sabato pomeriggio quando il Tribunale mandava i condannati della mattina. Trovarono piegati nelle cuciture dei vestiti di un Thai 4 biglietti da 500 baht cadauno, e due da 1000 baht in mezzo ai capelli lunghi e ricci; i soldi sono assolutamente vietati all’interno del carcere, averne è una violazione da isolamento. Dall’ano gli uscirono fuori due buste di pillole (Yabaa cioè anfetamine). Il ragazzo (avrà avuto 22 anni) era un esperto, ma più di lui lo era chi lo perquisiva, che era poi l’anima dannata del vice direttore e che praticamente amministrava l’interno del carcere per suo conto (scontava 15 anni per aver rubato circa due milioni di $ alla Società per cui lavorava, di anni gliene avevano dati 30 ma lui si era dichiarato colpevole e gli avevano cassato a metà la sentenza: uscirà fra tre anni, se non lo ammazzano prima gli altri detenuti). I soldi li sequestrò il capo della sicurezza di servizio, le anfetamine non si sa che fine fecero e il ragazzo si beccò più di venti bastonate sulla schiena davanti a tutti. Bastonate dure che lo lasciarono a terra svenuto. È morto dopo tre giorni per le emorragie interne e hanno dichiarato alla polizia che era cascato dalle scale. L’ho visto morire senza esser curato adeguatamente. All’epoca ero ricoverato per i postumi di una brutta operazione in infermeria e lui era sdraiato a tre giacigli da me. Siccome morì durante una festa infrasettimanale lasciarono il corpo coperto sul giaciglio tutto il giorno in attesa della Scientifica che venne intorno alle 3 del pomeriggio (era morto durante la notte). Con 38 gradi all’ombra non lasciava profumo di rose e alcuni in quella cella/corsia erano così malati che non potevano muoversi dal pagliericcio.

Passata questa conta e queste umiliazioni attuate davanti a quindici / venti detenuti-kapò e quattro o cinque guardie senza nessun infermiere presente, i neo ospiti vengono portati a mensa, cioè ad alcuni tavoli delle cucine dove possono ricevere un pasto caldo. I primi tempi della mia detenzione nella CMCP il cibo era orripilante, con rare eccezioni. Il riso era buono, non quello marrone che servono per esempio nella prigione di Bangkok, che sa di terra. Riso bianco, era Kao-niao cioè riso cotto al vapore in mezzo a lenzuoli di cotone. Dopo aver mangiato i detenuti vengono portati ai bagni a lavarsi. Lavarsi in un carcere Thai vuol dire usare una vaschetta di plastica per raccogliere acqua da enormi vasconi di cemento pieni di acqua stagnante, raramente pulita (a Chiangmai vengono puliti con spazzoloni e sapone da bucato ogni 5 settimane), bagnarsi, insaponarsi e sciacquarsi. A Chiangmai lo si può fare ogni qualvolta si può accedere ai servizi, nella prigione di Bangkok no: un kapò si issa sul bordo del vascone e con un fischietto comanda le abluzioni di quelli di turno al lavaggio. Primo fischio sciacquarsi, secondo smettere di buttarsi acqua addosso e insaponarsi, terzo fischio sciacquarsi, quarto andarsene e avanti i prossimi. Intervallo fra un fischio e l’altro? 15/20 secondi. Siccome i vasconi rimangono con l’acqua ferma per tutto il giorno e tutta la notte vi bevono uccelli, ratti, gatti e non è raro rinvenirvi fatte di uccello o di animali.

Finite le abluzioni e asciugati (quelli che non hanno un asciugamano si asciugano all’aria...) i neo detenuti vengono contati e portati alle celle di transito. Quattro stanzoni abilitati ad ospitare 38 persone (fuori ci sono i diagrammi con le piantine di ogni cella e i letti stilizzati col numero massimo di ospitabilità) ma la media di ospitalità varia a seconda di quanto i Tribunali riempiono il carcere. Mai meno di 60 per cella. Con due cessi alla turca, ognuno con una piccola vasca di acqua vicina e una diecina di bidoni di riserva (ché l’acqua viene distribuita dalle 6 del mattino alle 6.30, dalle 10 alle 10.30 e, talvolta (se il secondino che la dovrebbe aprire non è ubriaco o non dorme o non vuole alzarsi), dalle 23 alle 24. Nelle celle di prima accoglienza c’è un nucleo di detenuti fissi, fra cui kapò/istruttori che devono insegnare ai nuovi arrivati come ci si comporta. Tutte queste procedure avvengono fra le 17.30 (orario dell’ultimo “autobus” per il carcere) e le 19.30. I neo detenuti vengono aggregati agli arrivi dei giorni precedenti e si ammucchiano in spazi di nove metri per quattro, che siano 20 o 40 poco importa. Devono concentrarsi lì, perché il resto dello spazio è tenuto dagli altri detenuti che sono veterani e occupano i posti migliori, un poco più larghi.
Nelle carceri thai si dorme per terra, spesso su pavimenti di cemento coperti dal linoleum. Quando io ero a metà della mia esperienza avevano iniziato a consegnare alcuni materassini piegabili in tre parti lunghi non più di 170 cm. Larghi 50 e spessi 5. In precedenza chi non si poteva procurare un materassino dormiva per terra. Se si avevano abbastanza sigarette (una stecca) durante il week end si ordinava ad alcuni detenuti un materasso fatto di 5 coperte (lavate e disinfettate) cucite insieme come un materasso di una volta... molto comodi ma dovevano essere di ingombro identico a quelli d’ordinanza altrimenti si rischiava che un secondino li sequestrava e li portava via.

Arrivati nelle celle inizia l’educazione carceraria che in molti casi è identica a quella che si fa per l’addestramento delle reclute militari. Alle 20 tutti in piedi per l’inno nazionale/ammaina bandiera e le preghiere per il Re. Dopo si distribuiscono le coperte (2 a testa) e si preparano i giacigli per la notte, perché alle 21 squilla il coprifuoco. Le celle sono stanzoni rettangolari aperti su tutti i lati con muretti di un metro e sbarre fitte fitte fino al soffitto. La luce non viene mai spenta e sul soffitto funzionano dei ventilatori. Vengono assegnati turni di guardia a un detenuto, che veglia sugli altri per due ore (dalle 21 alle 7 del mattino, cinque per notte) e si presenta all’arrivo del secondino di turno sull’attenti elencando quanti presenti ci sono, quanti sono ricoverati ecc. Io in due anni e qualche giorno a Chiangmai ne ho visti sei o sette fare il giro di ispezione. Alcuni con il fucile a spall’arm, altri ubriachi di alcol o di sonno, strascinando i piedi e trascinandosi il fucile, che dicono sia sempre carico, per la cinghia.

Questo è solo l’inizio di un calvario che ogni giorno ha luogo. A volte ti svegli la notte, stretto fra gente che russa, sospira, piange, sogna e altro…., con le luci al neon che ti accecano, un caldo soffocante poco mitigato dai ventilatori, circondato da sbarre e pensi che stai avendo un incubo. E quando realizzi che non è un incubo rischi di perdere la ragione. Io quasi la ho persa e solo la mia tigna di Romano mi ha salvato. Onorevole Pannella che ne pensa?

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