martedì 22 febbraio 2011

22 febbrio: SANTA MARGHERITA DA CORTONA: Terziaria Francescana


--------------------------------------------------------------------------------


Margherita da Cortona, la santa che ricordiamo in questo mese di febbraio, ha una caratteristica presente in tutta la sua vita: l’essere stata sempre innamorata, l’esser vissuta sempre di amore totale. È una santa per molti versi moderna (o post moderna?) almeno nella prima parte della sua vita, e per altri è antica (nella seconda parte) cioè portatrice di quella santità classica, con tutti gli ingredienti, apertamente o velatamente presenti in tutti i santi di Dio, come vedremo più avanti.

C’è una poesia del poeta romanesco Trilussa che può illustrare bene la vita di Margherita. Dice il poeta:

“Davanti ar Crocifisso d’una Chiesa / una candela accesa se strugge da l’amore e da la fede. / Je dà tutta la luce, tutto quanto er calore che possiede, / senza abbadà se er foco la logora e la riduce a poco a poco. / Chi nun arde non vive. / Com’è bella la fiamma d’un amore che consuma, / purchè la fede resti sempre quella! / Io guardo e penso...”.

Margherita è stata una donna ardente d’amore profano nella prima parte della vita, e nella seconda, dopo la conversione, si consumò, come una candela, per il suo amore a Gesù Cristo. Per essere luce e calore per gli altri, occorre decidere di lasciarsi consumare a poco a poco, di lasciarsi mangiare dall’amore. È proprio qui la legge evangelica, proclamata dal Cristo: perdere e perdersi per ritrovare se stessi e Dio; donare e donarsi giorno dopo giorno, portando la propria croce quotidiana con il Cristo e per amore del Cristo. E tutto questo per essere felici: morire a poco a poco per vivere eternamente.

Come il grano caduto in terra, muore e poi vive di nuovo, trasformato e portatore di nuovi e più abbondanti frutti. Una legge ardua da osservare, non è umana ma è quella di Cristo. È la stessa legge che ha guidato i santi lungo i secoli della storia.

La santità è un percorso impervio e in salita, verso la montagna che è Dio, un camminare spesso anche al buio, senza il conforto e la compagnia delle stelle (leggi notte dello spirito e assenza di Dio, almeno secondo il sentire umano). Ma è l’unica via per arrivare alla trasfigurazione di se stessi. Per diventare luce e calore trasformati dalla Luce e dal Calore che è Dio. Margherita, almeno nella seconda parte della vita, è vissuta così. È vissuta di amore totale, “con mani innocenti e cuore puro” ha scalato Dio, l’ardua montagna. Si è trasfigurata nella luce emanante dalla contemplazione della Passione di Cristo. Per questo è santa. Ed è giusto e confortante per noi ricordarla anche oggi a distanza di ben sette secoli.

Innamorata a 16 anni

Margherita nacque nel 1247 a Laviano, in Umbria. Quindi è una santa umbra, anche se è vissuta per più di 25 anni a Cortona, sul versante toscano del Lago Trasimeno. Come si vede siamo a pochi anni dalla morte di San Francesco (1232), la cui luce e fama di santità si poteva respirare non solo in Umbria ma in tutta Italia. Anche Margherita entrerà in questo cono di luce e di santità francescana.
Suo padre si chiamava Tancredi, e coltivava, con discreto successo, alcuni terreni di proprietà del comune di Perugia.

Purtroppo già all’età di 9 anni Margherita rimase orfana della madre. Un colpo molto duro e difficile da superare per lei ancora bambina, bisognosa della guida e dell’affetto materno. A complicare la già difficile situazione ci pensò la nuova donna che arrivò in casa, dopo le seconde nozze del padre: avrebbe dovuto essere per lei una seconda madre, ma purtroppo si rivelò solo una matrigna, in tutti i sensi. Margherita per lei non era una figlia, ma una figliastra. E questo era tutto. Si comportò verso di lei in maniera ostile e ruvida, fu scorbutica e anche gelosa.

Per Margherita le cose si complicarono sempre di più, poiché alle normali difficoltà della crescita dovuta alla fanciullezza e poi all’adolescenza, si aggiunsero i continui maltrattamenti inflitti dal comportamento della matrigna. Non c’è molto da meravigliarsi dell’assenza del padre in questa faccenda. Già allora, e per molti secoli a venire, l’educazione dei figli era principalmente demandata alla madre. Ancora oggi, in ambito familiare, arrivano spesso denunce e allarmi perché si sta andando pericolosamente verso una “società senza padre”.

Dal punto di vista della pedagogia familiare un errore sempre per i figli, che diventa grave e disastroso in situazioni come quella di Margherita. La ragazza non sorrideva più, non era più serena, cercava disperatamente sia un appoggio esistenziale ed una guida per la propria crescita, sia un po’ di comprensione e affetto. E li trovò. Fuori dalla famiglia.

Non passava certo inosservata, la sua bellezza. Infatti a 16 anni (o 18?) conobbe un giovane nobile (e ricco), di Montepulciano, passato alla storia come Arsenio.
L’uomo che sognava? Il suo cavaliere, il principe azzurro delle belle storielle? Un po’ di tutto. Anche qui sta un po’ la “modernità” di Margherita. Sognava molto e in grande.
Questi la convinse a fuggire e a rifugiarsi nel castello di famiglia. Margherita si lasciò facilmente e comprensibilmente convincere. Sembrava che quell’incontro aprisse nuovi orizzonti, più ampi di quelli della famiglia, più confortanti e meno angoscianti del presente.

Secondo una tradizione sarebbe vissuta o meglio convissuta (e qui c’è l’aspetto “moderno” di Margherita) per ben nove anni. Secondo qualche biografo ci fu anche la convalida della convivenza davanti ad un notaio. Però niente matrimonio religioso ufficiale, per l’opposizione della famiglia di lui.
Un particolare importante: l’arrivo di un figlio, Jacopo. Questa la situazione fino alla morte improvvisa dell’Arsenio, sembra durante una partita di caccia. Margherita guidata dal suo cane (elemento curioso presente nella sua iconografia) ritrovò il suo cadavere. A quella vista rimase profondamente scossa. Ma non si scoraggiò. Rifiutata dalla famiglia di lui, Margherita prese il figlio e andò via dal castello.
Logicamente fu rifiutata anche dalla casa paterna, dove imperava sempre la matrigna. Questa è la prima versione, contenente elementi leggendari.

La seconda, mutuata dal biografo (e confessore) Fra’ Giunta Bevegnati afferma invece che Margherita concluse la sua travolgente storia d’amore sposando (sembra solo dopo un anno con matrimonio civile) l’Arsenio. Le differenze di classe tra i due furono dimenticate, e Margherita visse come una gran signora a Montepulciano. Il marito continuò come sempre la sua vita che non collimavano con gli ideali di Margherita. Ma lei lo amò lo stesso fino alla fine.
Quale la versione più affidabile? Un’ipotesi è che in tutte e due sia intervenuto un certo “lavoro redazionale” degli autori. In una versione si incattivisce Margherita per esaltarne maggiormente la santità dopo. Nell’altra forse c’è stato un certo abbellimento per mostrare che la ragazza non era poi completamente persa, prima. Non si sa con precisione. Solo ipotesi.

Una vita di penitenza,
di preghiera e servizio agli ammalati poveri

Alla morte di lui, Margherita diede una svolta totale alla propria vita, e, avendo scoperto il nulla e la vacuità che le sembrava aver vissuto fino ad allora, si diede a Dio con una conversione totale.
Margherita era anche adesso una donna innamorata, questa volta di Dio (cosa che non le impedirà per niente di seguire il figlio e di provvedere alla sua educazione). Al rifiuto di assistenza della famiglia del marito, prese il bambino e vestita a lutto e lacera, si avviò verso Cortona, decisa ad intraprendere la strada della penitenza, dell’umiltà, della preghiera e del servizio ai più poveri. Ideali non certo nuovi in terra d’Umbria e zone vicine.
Il vento del francescanesimo soffiava ancora, forte e invitante, anche in quegli anni. E Margherita si lasciò trasportare. Arrivò fino al convento dei frati, decisa a chiedere il saio della penitenza e iniziare così, decisamente e pubblicamente, una nuova vita. Ma il frate guardiano non la pensava così: rifiutò infatti di accoglierla perché, secondo lui, l’aspirante alla penitenza era “troppo giovane e troppo bella”. Non avrebbe perseverato. C’è da sorridere.
Dopo tre anni di insistenza fu ammessa nel Terzo Ordine francescano, vestendo il mantello penitenziale. Le fu quindi concessa una piccola cella, a fianco della chiesa di San Francesco di Cortona. Visse di penitenza durissima, di preghiera, di servizio agli ammalati poveri. Seppe anche organizzare, con alcune volontarie chiamate Poverelle, l’assistenza gratuita a domicilio. Nel 1278 fondò anche l’Ospedale Casa di Santa Maria della Misericordia (ancora esistente), diventando per i malati non solo infermiera, ma anche amica, confidente e all’occorrenza cuoca e questuante.

Solo Cristo è il sole che salva

Un giorno ebbe anche il coraggio di tornare al suo paese natale Laviano, ed in chiesa durante una celebrazione eucaristica chiese il pubblico perdono per i suoi trascorsi giovanili non edificanti. Si adoperò anche per portare la pace tra varie fazioni combattenti della città. Non visse quindi estranea alle cose del mondo circostante, pur essendo profondamente presente a Dio.
Margherita ebbe anche una intensa vita contemplativa, con esperienze mistiche e visioni, nella contemplazione della Passione di Cristo. Lei non scrisse niente ma le sue esperienze spirituali (visioni e dialoghi con Cristo) furono riportate dal suo biografo e confessore francescano Fra’ Giunta Bevignati.

Margherita chiuse la sua esperienza terrena il 22 febbraio. Godeva già di venerazione ancora in vita ma ora dopo la sua morte il culto si accrebbe grandemente nell’Italia centrale. La canonizzazione arrivò solo il 17 maggio 1828 ad opera di Benedetto XIII.
Margherita da Cortona è una figura molto importante nel movimento e nella spiritualità francescana. Non per niente è stata chiamata la Terza Stella del francescanesimo (dopo Francesco e Chiara).
Ci fa anche capire oggi che la santità è sempre possibile, per tutti. Che la misericordia di Dio è sempre disponibile, per tutti. Ed è interessante che quando qualcuno del popolo la chiamava “nuovo sole” ella lo rimproverava indicando il Cristo come il vero Sole e l’unica Luce che salva.

Nessun commento: