lunedì 10 gennaio 2011

I messaggi di Padre Piotr Anzulewicz OFMConv (09/01/2011)

L’affettuoso augurio che durante la prossima settimana

riusciamo a comprendere profondamente la realtà del nostro battesimo.

«Riscopri allora la bellezza del tuo vero Natale, ossia il tuo battesimo! Scioglilo! In molti di noi esso rimane legato, congelato, in freezer, come in s. Francesco d’Assisi († 1226) fino al momento della sua conversione. È morto a 44 anni, ma il suo battesimo si è sciolto solo all’età di 25 anni. E in lui, “uomo cristianissimo”, come dice s. Bonaventura († 1274), Dottore Serafico, ci viene offerto un esempio di conversione: fu un capolavoro la sceneggiata della sua spogliazione, di fronte alla Chiesa e al Comune di Assisi. In questo gesto altamente drammatico e pubblico egli ebbe la sua “effusione, o battesimo, dello Spirito”, cioè sciolse il suo battesimo e se ne impadronì. “E di poi egli stette un poco e uscì dal secolo” (Testamento, v. 3)».

Battesimo del Signore (A)

Is 42,1-4.6-7; Sal 28; At 10,34-38; Mt 3,13-17

9 gennaio 2011

Nel battesimo il nostro natale

Questo è il tempo liturgico più esiguo dell'anno: 15 giorni da Natale sono veramente pochi per spalancare il cuore all'inaudito di Dio. Vorremmo avere almeno una domenica dedicata ai misteriosi trent'anni di Gesù, trascorsi in totale nascondimento e nell’assordante silenzio di Nazareth – eccezion fatta per la piccola parentesi della Bar tiztvah (il momento in cui un bambino ebreo raggiunge l’età della maturità e diventa responsabile per sé stesso nei confronti della Halakhah, la legge ebraica): la sua ‘cresima’ in quanto dodicenne a Gerusalemme –, mentre migliaia di uomini gridavano la loro pena e disperazione a Dio. Invece, salutati i Magi, cercatori di Dio, lo ritroviamo già adulto, sulla riva del Giordano, in fila, in mezzo ai peccatori.

Questo è il suo primo uscire allo scoperto, la sua prima mossa, il suo primo passo decisivo per lasciare i genitori e lanciarsi nella vita pubblica. Ci saremmo aspettati una rivelazione potente e inconfondibile: guarigioni di massa e miracoli a ripetizione. E invece lui sceglie la via della solidarietà e della condivisione con gli ultimi, gli scartati, i peccatori, a cui rimarrà fedele per tutta la sua vita: in fila con loro al Giordano, crocifisso in mezzo a loro sul Golgota. Per loro però si tratta di un battesimo di conversione. Per lui invece è un momento grave, solenne e straordinario: alle sue orecchie e al suo cuore di colpo si svela la misteriosa ricchezza del suo essere profondo: egli, Rabbì di Nazareth, è al contempo Dio stesso, «Figlio di Dio», «Figlio beneamato»: «Sei il Figlio mio, l’amato: in te ho posto il mio compiacimento» (Mt 3,17). Lo Spirito di Dio si posa su di lui e colpisce il suo essere d’uomo. Ed è come se in questo momento Gesù deponesse nelle acque del Giordano tutti i peccati del mondo, purificasse tutti gli uomini e a tutti riaprisse le porte del cielo.

Mai sulla terra una dichiarazione d’amore come quella rivolta a Gesù fu più esaltante, inebriante e sconvolgente, e in un cuore trasparente come il cristallo, di una disponibilità totale, di un consenso senza limiti. E per la primissima volta essa viene espressa in un linguaggio umano a un uomo: figlio del falegname, nel quale tuttavia dall’eternità abita la pienezza della divinità. In questo senso la parola d’amore è di una novità assoluta. E, una volta lanciata, per sempre rimane inestinguibile: non smette mai di riecheggiare. Essa riecheggia innanzitutto nel suo cuore. Egli, grazie ad essa, attraversa la sua vita terrestre sino a donare tutto se stesso, a «morire», a lasciarsi «spezzare» il corpo e «dissanguare», per la liberazione e la promozione dell’umanità. L’eco di questa parola risuona fino a oggi, nel cuore di tutti coloro che in lui riconoscono il Figlio di Dio e nelle orecchie di tutti coloro in cui lo Spirito non smette di sussurrare: «Abbà, Padre!» (Rm 8,15). È l’unica parola che valga veramente la pena di captare. E noi la ripetiamo, balbettando a fatica, in tutti i nostri amori terreni, così gloriosi e al contempo così mortificati. Essi però trovano nell’amore reciproco del Padre e del Figlio la loro fonte e il loro appagamento eterno.

Un giorno, nel nostro battesimo, anche a noi è stata rivolta la parola d’amore: «Tu sei mio figlio». Questo è il nostro Natale, quello che conta, che va oltre i confini della esperienza terrena e fa di ogni nostro giorno, vissuto da battezzati alla stupenda luce dell'amore del Padre, una vita che non è più un camminare da orfani, senza meta e senza amore, ma sotto gli occhi di chi ci ama come un vero papà. Il cristianesimo è tutto qui: Dio ci ama per ciò che siamo e ci svela in profondità ciò che siamo: «bene-amati». È difficile amare ‘bene’, cioè rendere l’altro autonomo, adulto e consapevole, perché l’amore è grandioso e nello stesso tempo ambiguo: può costruire e distruggere.

Nel giorno del nostro battesimo, giorno così lontano dalla nostra sensibilità, è stata messa nel nostro cuore la scintilla della presenza di Dio. Oggi siamo come travolti da una mentalità miope, che riduce il battesimo a una cerimonia svenduta al consumismo: ci si preoccupa delle esteriorità, mettendo in un angolo la realtà meravigliosa del sacramento. Col battesimo siamo entrati a far parte della Chiesa, quella del sogno di Dio, la Chiesa dei santi e dei martiri, la Chiesa che cammina e canta, soffre e spera. Con il battesimo ci è tolto il peccato originale, quella tendenza intima a non amare – o ad amare con fragilità – e perfino ad odiare: come Cristo siamo resi capaci di dare la vita per gli altri. Ognuno ha un suo sogno segreto, ma più che figli di Dio «bene-amati» non potremo mai essere, e già lo siamo...

Questa festa, oggi, è la festa di ciò che è nascosto in noi e che va riscoperto e ricuperato. «Non basta essere chiamati cristiani: bisogna – esorta s. Ignazio di Antiochia († ca. 110), vescovo e martire – esserlo davvero!». «Cristiani non si nasce, si diventa» (Tertuliano). Cristiano, diventa ciò che sei! «Ricordati che, strappato al potere delle tenebre, sei stato trasferito nella luce del Regno di Dio. Con il sacramento del battesimo sei diventato tempio dello Spirito Santo! Non mettere in fuga un ospite così illustre con un comportamento riprovevole» (s. Leone Magno). Riscopri allora la bellezza del tuo vero Natale, ossia il tuo battesimo! Scioglilo! In molti di noi esso rimane legato, congelato, in freezer, come in s. Francesco d’Assisi († 1226) fino al momento della sua conversione. È morto a 44 anni, ma il suo battesimo si è sciolto solo all’età di 25 anni. E in lui, uomo cristianissimo, come dice s. Bonaventura († 1274), Dottore Serafico, ci viene offerto un esempio di conversione: fu un capolavoro la sceneggiata della sua spogliazione, di fronte alla Chiesa e al Comune di Assisi. In questo gesto altamente drammatico e pubblico egli ebbe la sua «effusione, o battesimo, dello Spirito», cioè sciolse il suo battesimo e se ne impadronì. «E di poi egli stette un poco e «uscì dal secolo» (Testamento, v. 3), e iniziò a pronunciare parole pericolose: «Credo, voglio, faccio!». Smise di adorare se stesso, di contemplarsi, di essere narcisista, «uomo di paglia», amante della moda, della danza e dei canti, per porsi sotto l’assoluta signoria di Dio, che non è un Dio-Padrone, ma Dio-Padre. E questo è il secondo gesto fatto da s. Francesco, in forte contraddizione con la mentalità del mondo, della Chiesa, della famiglia, trasformandosi in un uomo nuovo, inedito, inaudito. Si rivestì di Cristo, cioè indossò la sua mentalità e il suo cuore, gettò via le opere delle tenebre e divenne il «nuovo Oriente».

Il nostro battesimo ha ancora bisogno di un completamento, di un supplemento, di un secondo battesimo, «nello Spirito Santo e nel fuoco» (Mt 3,11), nell’intimo del nostro cuore. Con il primo battesimo siamo «innestati» in Cristo risorto, ma non ancora pienamente trasformati e trasfigurati, investiti e invasi dalla sua vita, quella divina e gloriosa.

Ecco perché c’è così poca differenza tra chi è battezzato e chi non lo è. Il battesimo rimane in noi un sacramento “legato” e noi siamo così “irriconoscibili”, deboli e anonimi. Continuiamo a vivere nel peccato, da egoisti. Siamo dei cadaveri ambulanti. Ci sembra di essere vivi, ma, per Dio e per gli angeli che guardano dentro, siamo morti.

Bisogna dunque “scogliere” il proprio battesimo nella fede ed esprimerla personalmente e liberamente, perché esso possa “ravvivarsi” e sprigionare la sua forza divina che viene dalla morte e risurrezione di Cristo. Finché non pensiamo affatto a lui, non crediamo in lui e non ci curiamo di lui, è come se egli per noi non fosse ancora morto. Se però ci scuotiamo e apriamo gli occhi sbigottiti, ci rendiamo conto di ciò che è avvenuto nel nostro battesimo. Cristo muore per noi, noi siamo salvati e tutto diventa vero. E se non siamo di pietra, ci mettiamo a piangere di gioia e di gratitudine. Sì, il nostro battesimo è da slegare, perché Cristo possa essere davvero “signore” della nostra vita, in cima a tutto. Si tratta di una fede-appropriazione: ci appropriamo gratuitamente della salvezza e della vittoria di Cristo. Accogliamo, o meglio: “rapiamo”, il Regno, come ci ha insegnato a fare Gesù, alla maniera dei bambini.

Quanti di noi torneranno a casa dall’incontro con Cristo, Parola di Dio e Pane di Vita, consapevoli che il Regno di Dio va rapito? Pregherò lo Spirito Santo perché siate tanti e perché ci sia anch’io tra voi.

«O Spirito Santo, Consolatore, Amore dell'amore e Dono-che-si-dona, Gioia del Padre per il Figlio e del Figlio per il Padre, fa che io non termini la mia vita prima di aver scoperto e «conosciuto» il mio battesimo! Fa che io non muoia come uno dei tanti cristiani ‘anonimi’ e ‘nominali’!».

Piotr Anzulewicz OFMConv

http://www.sacrocuorecatanzaro.it/index.php/news-parrocchiali/59-battesimo-del-signore

Look towards Jesus

and be radiant!

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