lunedì 15 novembre 2010

I messaggi di Padre Piotr Anzulewicz OFMConv (14/11/2010)


33a domenica del tempo ordinario ©

Ml 3,19-20; Sal 97; 2 Ts 3,7-12; Lc 21,5-19

14 novembre 2010



Il Signore

il fine del mondo, il nostro fine…




È quasi un luogo comune dire oggi che il mondo si sta distruggendo. I propositi di Kyoto sono quasi del tutto lettera morta. Vincono i malviventi, i profittatori e i manipolatori della politica e dell’economia mondiale. Cronisti, parapazzi e agenti, strizzandosi l’occhio, ci fanno vedere il corpo selvatico e le mani possenti dello 'strangolatore'. Tanti si assegnano un posto di riguardo e di preminenza nel loro inferno quotidiano. L’aria che si respira è pesante. Addirittura «il Sant’Ufficio – leggiamo su «Il Foglio» di ieri –, allenato nei secoli, sente odore di zolfo» (p. VIII). Il Medio Oriente è in fiamme, il clima impazzisce, l'economia ristagna. Rivivono allora le predicazioni e le rappresentazioni della fine del mondo come un delirio di fiamme e di distruzione, con il giudizio finale fatto di caligine e di paura. Già nell’ottocento Joseph Arthur de Gobineau († 1882), diplomatico, scrittore e filosofo, parlava della fine del mondo come di un’epoca «invasa dalla morte, in cui il globo, diventato muto, continuerà, ma senza di noi, a descrivere nello spazio impassibili orbite». E forse pensava a una fine possibile nel giro di qualche migliaio di anni.

Chi vive con un minimo di consapevolezza, dopo anni passati a combattere per i valori alti, nobili ed evangelici, è ancora più stordito. Nella Chiesa si intravedono lentezze e incoerenze, rigidità e comportamenti non edificanti. Da batticuore è allora la parola di Dio della 33a domenica, la penultima dell’anno liturgico. «Verranno giorni – dice Gesù, che è ormai alle ultime “battute” della sua traiettoria terrestre – in cui, di tutto quello che ammirate, non resterà pietra su pietra che non venga distrutta» (Lc 21,6). È la frase sconcertante, dal tono apocalittico. «Vi saranno fatti terrificanti – aggiunge – e segni grandi dal cielo» (Lc 21,11). Indica anche il «giorno del Signore», quando Dio ribalterà le sorti dell’umanità e «brucerà come paglia i superbi e gli ingiusti» (Ml 3,19). Per coloro invece che «avranno timore del nome di Dio (giusti) sorgerà con raggi benefici il sole di giustizia» (Ml 3,20).

In fin dei conti quel brano evangelico è «un canto di speranza». Il «giorno del Signore» segnerà la piena realizzazione della signoria di Dio. La descrizione dell’avvento è grandiosa. Il suo scopo è di dare, attraverso immagini impressionanti, tolte dall’Antico Testamento, l’idea del trionfo del bene sul male. Ormai tutto il creato, con tutte le sue energie, tende verso di Cristo, «punto Omega» (P. Teilhard de Chardin, † 1955). In Lui, per mezzo di Lui e in vista di Lui tutto è stato fatto (Col 1,15-16). Egli, Dio e uomo, è il «primo» e l’«ultimo», «fons et finis». Egli è il fine originario, ma, proprio per questo, è pure il primo che sta all’inizio dell’opera divina e «impregna di sé» (Angela da Foligno) l’intero sistema cosmico. A Lui, Verbo «umanato», «passionato» e risorto, infatti, Dio ha comunicato «per primo» la pienezza, perché per mezzo suo giunga fino a noi la «fonte della pienezza». È Lui la pienezza della felicità e il nostro «premio delizioso» (Bonaventura da Bagnoregio), oltre che unica «via» per raggiungerlo. Ecco perché dobbiamo conformarci a Lui, «vera immagine di Dio», che tutto in sé ricapitola e perfeziona. Per questo la fine del mondo non è qualcosa di tremendo. Al centro sta Lui, il Figlio dell’uomo (Mc 13,26), che segna la fine del mondo vecchio con il suo male (Mc 13,24-25) e l’inizio del mondo nuovo in comunione con Lui (Mc 13,27).

La sua venuta gloriosa e il suo giudizio hanno allora un passato, un presente e un futuro: un passato, quello della croce, dove tutto è compiuto (cfr. Gv 19,30); un presente, nel quale viviamo la nostra conformazione a Cristo; e un futuro, quando sarà compiuto tutto ciò che è già avvenuto in Lui e sta avvenendo in noi. Il suo giudizio è questo: Lui, che è giusto, porta su di sé il nostro peccato e giustifica tutti gli ingiusti che si riconoscono tali e accettano la sua grazia, la sua salvezza, il suo perdono. Egli ci giudica solo dopo aver perdonato tutti i nostri peccati. E' il rifiuto del suo amore che ci porta all'autoannientamento, non condanna, ma autoesclusione dal suo amore.

State perciò sereni, dice Gesù. «Nemmeno un capello del vostro capo perirà. Con la vostra perseveranza salverete le vostre anime» (Lc 21, 19).La storia, quella nostra e quella dell’universo, è nelle mani di Dio e l'ultima parola su di essa sarà il trionfo di Cristo risorto. Nel cuore di Dio verrà ritrovato il più invisibile gesto d'amore, una mano stretta nel sigillo della pace, un'accoglienza incondizionata a chi si sente stretto nel morso della delusione. La venuta del Signore non porterà distruzione. Essa affermerà la sua signoria senza fine; fino alla fin e – quella di Gesù – è una buona notizia. I nostri poveri cuori, masticati dall'amore, non cadranno nel vuoto. Essi saranno raccolti dal Cristo, il Veniente, e consegnati nella mani del Padre celeste.

Ora Lui ci ammonisce: la costruzione della signoria di Dio non è un passaggio di gloria in gloria. Essa significa porsi in un atteggiamento di fatica nell'affrontare le contraddizioni del sé e del mondo. Questa signoria subisce violenza e non si manifesta con opere mirabolanti. La certezza di avere sperimentato Dio o di averne intuita la presenza ci fanno andare avanti. È per noi segno di immensa consolazione accorgerci di quanto bene il Signore stia facendo in tanti cuori e di come la sua parola sia ormai la luce per tanti cercatori di Dio e la consolazione per gli sconfitti.

La fine del mondo la costruiamo giorno per giorno. Spesso però la viviamo come evento ineluttabile e, con un fatalismo crescente, non facciamo altro che rifugiarci in un privato miope e dal respiro corto. Siamo invece chiamati a rimboccarci le maniche e diventare profeti di conversione, non profeti di sventura. Il mondo non precipita nell’abisso del nulla. Esso è nelle braccia di Dio e la parola del Vangelo è l'appiglio che la Chiesa ha per leggere la storia e per vedere che Dio ne è il signore. Non è facile vederlo, ovvio. Tuttavia, malgrado la fatica, il dolore, la logica del mondo che ancora alberga nei nostri cuori e nei nostri giudizi, lo Spirito divino avanza e dice alla Chiesa, sua sposa: «Vieni!», Maranathà! Cristo verrà per completare la sua signorìa, e le anime dei nostri defunti riprenderanno i propri corpi, trasfigurati e risorti, e sarà la pienezza. Nel frattempo – e questa è una nota dolente – Dio ha affidato a noi, fragile Chiesa, il compito di far crescere la sua signoria.

Le espressioni e le immagini dei testi sacri ci invitano a guardare non tanto alla «fine del mondo» quanto piuttosto «al fine del mondo» o, meglio, al nostro fine, che è sempre il Signore Gesù. Egli è il nostro presente e il nostro futuro, il nostro obiettivo definitivo per il quale occorre sempre coltivare la fede e accrescere la fiducia e la speranza, e verso il quale incamminarci, perseverando nelle avversità e nelle sfide di tutti i giorni. La vita è un continuo proiettarsi in avanti e un costruire continuamente le nostre tappe. I loro obiettivi si compendiano però nell'unica meta, assunta come nostro destino ultimo, che è il Signore Gesù.

Questa visione delle cose ci sia motivo di sprone e di incoraggiamento per la vita dell’oggi e ci doni slancio e fiducia nell'impegno quotidiano; intanto essa ci dischiude il cammino verso il culmine della storia umana, quando lo stesso Signore tornerà nella gloria.

Scrolliamoci la paura di guardare al mondo e alla storia, all'umanità e agli eventi che la aspettano, alla morte e al dolore. Essi continueranno ad affacciarsi sulla nostra esistenza, ma il nostro sguardo viene educato a vedere in Gesù di Nazareth il Figlio dell'uomo che viene con potenza e gloria. L’abbiamo fortunatamente conosciuto come Colui davanti al quale il male arretra e la cui venuta ci ha già svelato l’amore di Dio e la sua volontà di scrivere una pagina nuova e definitiva della nostra umanità, dove ognuno, liberato dalla paura e da ogni forma di schiavitù, diventa capace di bene, di bello e di vero.

Signore Gesù, Figlio divino che sei venuto tra noi per rivelarci l'amore del Padre fino al tuo sacrificio sulla croce, donaci la forza e il coraggio di essere tuoi fedeli discepoli, illumina i nostri cuori affinché possiamo capire il significato degli avvenimenti - della nostra vita e del mondo intero; arrendici al tuo amore e fa' che riusciamo ad essere umili, miti e generosi come te. Amen

Fr. Piotr Anzulewicz






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