martedì 19 luglio 2011

L’arcipelago verde delle Far Øer L’arcipelago verde delle Far Øer

Alla scoperta di 18 isole color smeraldo, a meno di due ore di volo dalla Danimarca

Far Oer: la scogliera di Beinisvord sull'isola di Sudhuroy
Far Oer: la scogliera di Beinisvord sull'isola di Sudhuroy


E’ tempo di festa per l’arcipelago delle Far Øer, nel cuore dell’Atlantico settentrionale, a metà strada tra la Norvegia e l’Islanda. Come in tutti i paesi del Nord finalmente, dopo mesi di buio, gelo e nebbia, c’è luce tutto il giorno e i colori della natura e dei villaggi, già naturalmente sgargianti, brillano ancora più forte. Oltre al solstizio d’estate e al sole che torna a farsi vedere, i faroesi celebrano a fine luglio sant’Olav nel festival di Olavsøka, quando i pochi abitanti (50mila in tutto) ballano e festeggiano nella capitale per giornate intere, recuperando le proprie tradizioni vichinghe.

Sono 18 le isole, tutte abitate tranne una, e prevalentemente di pecore, pulcinella di mare e procellarie - sulle coste ci sono 75 specie di uccelli - che vivono indisturbate sull’arcipelago che messo insieme è grande quanto la città di Londra. Si trovano al 62esimo parallelo in mezzo al nulla e all’oceano color cobalto, riscaldato dalla corrente del Golfo, in un territorio che dalla Danimarca ha ottenuto l’autonomia nel 1948 e l’indipendenza in campo di politica estera nel 2005, ma che ha sempre avuto una propria libertà economica e culturale, dettata soprattutto dalla lontananza geografica. Nel XII secolo i faroesi istituirono l’althing, l’assemblea degli uomini liberi, uno dei primi parlamenti del mondo, e nel 1238 emanarono un proprio codice, la “lettera della pecora” che regolava l’uso dei campi aperti al pascolo. Non si diedero mai per vinti e quando decisero di costruire nella capitale T órshavn (dal dio norvegese Thor) una cattedrale gotica, voluta da Erlendur, il più illustre dei vescovi che regnarono fino all’avvento della Riforma, non avendo la calce usarono lo skilp, una poltiglia di conchiglie e ossa. Oggi si possono visitare i suoi resti nel villaggio di Kirkjubøur, un tempo capitale delle Faer Øer, dieci chilometri a sud di Thórshavn.

Sono pochi gli abitanti e quasi tutti vivono nei villaggi sparsi lungo la costa, ognuno con il proprio porto - l’industria ittica è la prima risorsa economica del Paese - alle spalle di montagne per lo più avvolte dalla nebbia che da queste parti è sempre presente, estate e inverno. E’ questo il motivo per cui le case sono coloratissime, perché ogni angolo sia ben visibile anche in mezzo alla grande nebbia. I fianchi delle montagne hanno enormi gradini creati dalle colate di basalto e di tufo, mentre le coste sono modellate dalla furia dell’oceano con le sue innumerevoli baie e fiordi. Eppure sono luoghi molto ospitali, vivaci, modernissimi e all’avanguardia. Ogni isola sembra uguale all’altra e il color verde è presente ovunque e, a interrompere il paesaggio, non c’è nemmeno un albero.

Le Far Øer sono soprattutto un paradiso naturalistico, per chi ama l’avventura e lo sport e gli inconfondibili paesaggi del Grande Nord. Sono accoglienti, nonostante la lontananza e la forza dell’oceano. Sembra che i primi a giungervi furono i norvegesi con le loro navi vichinghe intorno al IX secolo dopo Cristo. Poi vi sbarcarono i turchi nel XVII secolo, lasciando figli dagli occhi neri e dalla carnagione olivastra; in seguito i monaci irlandesi, seguiti da coloni scandinavi e dai danesi. L’isola più grande è Streymoy dove si trova la capitale Tórshavn , città piccola, ma vivace e illuminata da mille colori: ogni casetta in legno da queste parti deve avere una tonalità diversa da quella del vicino.

Oltre all’antico quartiere dei pescatori Tinganes, dalle caratteristiche strade strette, la città ospita un grande centro con gallerie e musei, come la Nordic House e il Museo di storia naturale, con un piccolo giardino botanico con 150 piante faeroesi. locali e ristoranti alla moda. Il più gettonato è l’hotel Føroyar (www.hotelforoyar.com) dove lo chef Leif Sørensen sta diffondendo le prelibatezze della cucina nordica assieme al danese Renè Redzepi del celebre ristorante Noma di Copenaghen.

La città è collegata al resto delle isole con tunnel sotterranei, ponti e, ovviamente, con un servizio di traghetti. A soli 20 minuti di navigazione, per esempio, si raggiunge la piccola e selvaggia isola di Noisoy, mentre un ponte collega la capitale a Eysturoy, la seconda isola per grandezza, dove si trova la montagna più alta dell’arcipelago, lo Slaettarantindur (882 metri), dal quale si gode un incantevole panorama. La montagna è amata dagli appassionati di trekking per i suoi tanti percorsi emozionanti ed escursioni in mezzo alla natura.

A un’ora di traghetto da qui, nella parte settentrionale dell’arcipelago, si trova Sandoy , isola dolce, dal clima più mite con cime basse, zone pianeggianti, laghetti e la lunga spiaggia di Sardur, frequentata d’estate per i picnic all’aperto. Nel villaggio di Husavik, sulla costa orientale, si può visitare un’antica abitazione faroese con il caratteristico focolare aperto e il tetto forato. Circa due ore e un quarto di traghetto la collegano all’isola più meridionale, Sudhuroy, coperta da praterie in parte coltivabili, grazie al suo clima mite. La costa occidentale è la più bella e spettacolare è il villaggio di Famjin, stretto tra il mare e i promontori rocciosi.

L’unico aeroporto dell’arcipelago è sull’isola di Vágar , che èunita alla capitale da un tunnel sottomarino. Qui, proprio accanto alle piste, si trovano un grande lago e una bellissima cascata che finisce nell’oceano. Da quest’isola partono le imbarcazioni per Mykines, la più occidentale dell’arcipelago, paradiso dei bird watcher, che arrivano da ogni angolo del mondo per osservare le tante specie di uccelli che vivono indisturbati sulle 18 isole delle Far Øer.

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