lunedì 28 marzo 2011

Réunion, dove eden fa rima con... sorriso ( di Mario Dondero )




Nel cuore dell'Oceano Indiano, un'isola che non si dimentica. Non solo per lo spettacolare mix di colori e paesaggi, ma anche per la tolleranza, l'allegria, l'ospitalità degli abitanti Clicca sulla foto per ingrandire Sarebbe forse più bello giungere sull'isola di Réunion, anziché con un jet che vi trasporta in un battibaleno da Parigi, con un veliero come fece Bougainville, o con una feluca o un barcone malgascio, magari partendo da Tamatave, nella non lontana Madagascar. Un grandioso arrivo dal mare anche per vedere nella luce verde oro dell'aurora sorgere dai flutti il Piton des Neiges, la montagna più grande dell'isola. Una montagna immensa, talvolta innevata, che non è neanche la sola; c'è anche il Piton de la Fournaise, un vulcano di norma saggio, ma suscettibile di improvvisi risvegli. L'ascensione verso il cratere, soprattutto nell'aria dolce del mattino, è di una struggente suggestione. Ti offre visioni di indicibile bellezza. Ti sembra di camminare sul dorso rugoso della luna. In effetti la Réunion, un sasso conficcato nel bel mezzo dell'Oceano Indiano, è appunto questo: un vasto massiccio montuoso, ricoperto in gran parte da un magnifico velluto verde, con gli splendidi anfiteatri montani di Salazie, Mafatte e Cilaos, alla base delle cui pendici il mare lambisce coste scoscese con dolci spiagge protette da bianche barriere coralline. Nell'arco dei secoli l'isola è stata frequentata da ogni sorta di marinerie. Non tutti avevano l'accademica distinzione di Bougainville, che vi fece tappa durante il suo celeberrimo viaggio intorno al mondo. Alla Réunion, provvidenziale scalo nell'immensità dell'oceano, furono di casa i bucanieri. Vi gettarono sicuramente l'ancora due amici, rari pirati filantropi, il capitano francese Misson e il frate italiano Caraccioli, famosi per aver animato un ammutinamento a bordo di un vascello, il "Bourbon", e che da fuorilegge si dedicarono alla caccia delle navi negriere per liberare gli schiavi. Fondarono anche una "città ideale" a Diego Suarez nella grande isola di Madagascar che chiamarono Libertalia. Ciò avveniva più di un secolo prima della Rivoluzione Francese. L'isola di Réunion, ex colonia francese, è oggi un dipartimento della Francia a tutti gli effetti, situata a poca distanza dal Tropico del Capricorno, a 420 chilometri dal Madagascar e a 120 da Mauritius, e riserva a chi la visita la forte impressione di ritrovarsi in una parte ignorata della Francia, un pezzo sottratto all'esagono europeo. È da aggiungere che la composizione etnica dell'isola, un vasto melting-pot senza duri confronti, favorisce una felice integrazione. Fra i nativi alla Réunion sono molti quelli che rinchiudono in sé i geni delle varie immigrazioni che hanno plasmato la popolazione dell'isola. I discendenti dei primi coloni europei, quelli degli schiavi di provenienza africana e dei lavoratori, massa quasi coatta che i piantatori francesi importarono dopo l'abolizione della tratta nel 1848. Il risultato di questo straordinario miscuglio genetico è quello di una società che appare al visitatore aperta e tollerante, quasi una ricetta di un mondo più sorridente e amichevole. Raccontano i narratori creoli che all'inizio del mondo il Grande Ordinatore, guardando la sua opera dall'alto dei cieli, si accorse che nell'immensità liquida di quello che oggi chiamiamo l'Oceano Indiano mancava qualcosa, una collana di perle insulari. Fu così che vi pose le isole Mascarene (Mauritius, Rodrigues e Réunion), così battezzate dal navigatore portoghese Pedro de Mascarenhas, che le vide per la prima volta nel 1512. I marinai arabi avevano già avvistato l'di Réunion, che era allora disabitata, e l'avevano chiamata Dina Morgabin (Isola Occidentale). Furono i francesi a occuparla nel 1642 con la nave St. Louis della Compagnia delle Indie Orientali. Il re, che era Luigi XIII, la fece chiamare Ile Bourbon, dal nome della sua dinastia. La Compagnia delle Indie Orientali la usò per le sue imbarcazioni di passaggio ma, tra il 1715 e il 1730, vi fu introdotta la coltivazione del caffè e l'economia dell'isola cambiò radicalmente. Gli schiavi importati dall'Africa furono destinati alle piantagioni e altre coltivazioni, di spezie, di cotone e di cereali, resero le esportazioni sempre più abbondanti e redditizie. Con il crollo della Compagnia, nel 1764, il governo dell'isola passò direttamente alla corona francese. Ma in Francia c'erano già i prodromi di quella rivoluzione che avrebbe abbattuto il potere autocratico. Nelle piantagioni della remota Bourbon gli schiavi si sollevarono e fuggirono nei boschi profondi sulle montagne inaccessibili. Si riunivano in quelle che altrove furono chiamate mokambi, piccole comunità difensive rette con metodi democratici. Il 1793 fu un anno importante anche per la storia dell'isola. Fasciati di tricolore, dopo un lungo viaggio per mare, giunsero da Parigi i commissari della République a proclamare l'emancipazione degli schiavi e il rispetto dei diritti umani. Fu ribattezzata Réunion, sempre nel 1793, in ricordo della riunione dei federati di Marsiglia con la guardia nazionale nella marcia verso il palazzo delle Tuileries. L'emancipazione fu quasi subito cancellata da Napoleone e l'abolizione della tratta fu proclamata solo nel 1848. La coltura del caffè era già quasi scomparsa ed era stata sostituita dalla canna da zucchero. L'abolizione della schiavitù favorì una forte immigrazione dall'Indocina, dalla Cina, dall'India e dall'Africa Orientale. L'isola cominciò a perdere la sua importanza strategica quando fu aperto il canale di Suez, nel 1869, e cessò di essere una tappa obbligata nelle rotte verso le Indie Orientali. La sua importanza economica decadde quando le sue esportazioni di zucchero di canna vennero sfidate dalla concorrenza dello zucchero di barbabietola. A St-Denis e negli altri centri si può trovare quasi tutto ciò che si può trovare in Francia. Si può persino acquistare croccante e freschissimo lo stesso pane che un noto panettiere di Parigi vende ai suoi clienti. La cucina creola, sapida e varia, piace molto anche agli stranieri e bisogna proprio essere un intrattabile conservatore per non cedere ai deliziosi peccati di gola che propone la cucina locale. La Réunion è decisamente bellissima. Vi sono presenti trentadue microclimi che ne fanno un concentrato di varietà anche ambientale. È difficile che la temperatura salga sopra i trenta gradi, ma nelle montagne dell'interno scende allo zero e la neve non è rarissima, come in un Sud-Tirolo tropicale. Curiosamente, tutti i principali agglomerati dell'isola, salvo Le Port, che si trova sulla punta estrema di un promontorio, hanno nomi di santi: Saint-Denis, Ste-Marie, St-Benoit, Ste-Rose, St-Joseph, St-Pierre, St-Louis, St-Paul, un retaggio di antiche stagioni missionarie. A Le Port si trovano gli impianti portuali principali. È una cittadina a forte presenza operaia, dove i nomi delle vie, ispirati alla tradizione della sinistra, e la stessa atmosfera per le strade, ricorda quelle delle periferie rouges della Francia. Fra i molti motivi di interesse dell'isola, c'è un'altra straordinaria attrazione, di cui si può soltanto godere quando calano le ombre della notte. È il magnifico firmamento, popolato da tante stelle invisibili nelle notti europee, che alla Réunion, nel cielo terso, regalano una visione indimenticabile.

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