Liturgia della Parola: Dt 11,18.26-28.32; Sal 30,2-4.17.25; Rm 3,21-25a.28; Mt 7,21-27
NON CHIUNQUE DICE: «SIGNORE, SIGNORE…»
LA fede è alla base di ogni rapporto con Dio.
I contemporanei di Gesù ebbero la grazia di vederlo e di poterlo incontrare di persona, ma quanti di loro erano consapevoli di avere davanti il Figlio di Dio? La coerenza di vita con quanto crediamo non è sempre semplice.
Il Vangelo di Matteo che ci viene proposto questa domenica è essenzialmente un invito non solo ad avere fede, ma a trasformarla in opere. Il brano evangelico riferisce che quanti busseranno al regno dei cieli invocando il Signore non vi entreranno se non avranno compiuto anche le opere.
È necessario che la fede sia tradotta in fatti concreti e non sia solo teoria o semplice credenza in Dio. Si dirà: eppure costoro avevano fede. Sì, ma che tipo di fede? Quella che rimane lettera morta nel cuore dell'uomo o quella che si apre e scommette tutto su Cristo e si fa dono ai fratelli? Non è forse questo il significato del paragone evangelico dell'uomo saggio che costruisce la sua casa sulla roccia, contro la quale ogni intemperie si infrange? Il rischio è quello di essere come degli uomini stolti che fondano la casa sull'effimero, esponendola a ogni pericolo.
Nicola Gori
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