mercoledì 26 gennaio 2011

Singapore, la metropoli casinò

La città al tramonto dal Singapore River

Singapore. Architettura, tradizione e un po' di kitsch

Grattacieli e colori tradizionali, modernità al limite del kitsch e culture asiatiche che si mescolano e convivono in armonia come in pochi altri posti al mondo. Ecco Singapore per immagini. di Roberto Caramelli

Singapore, la metropoli casinò

di Roberto Caramelli

Multietnica, consumistica, in continua costruzione, la città stato della Penisola Malese ora ha scoperto il gioco. E ne vuole diventare la capitale

la maglietta più venduta nei negozi di souvenir è quella con sopra stampati tutti i divieti possibili e immaginabili. Singapore è soprannominata the fine city. In questo caso, fine, significa multa per chiunque infranga le regole. Gettare carta in terra può costare cinquecento dollari; mille se si fuma su un mezzo pubblico. Ci sono multe per chi dà da mangiare agli uccellini nei parchi, per chi mastica la gomma americana nei luoghi pubblici, per chi coglie fiori dalle aiuole, per chi sputa. In realtà, nella piccola nazione della penisola malese, oggi è facile vedere mozziconi per terra, cartacce fuori dai cestini, mendicanti nelle strade eleganti. E non mancano motociclisti che passano col rosso. Frutto della trasformazione continua di una città-Stato che in una generazione è passata dal terzo al primo mondo, che abbatte palazzi in una notte e in pochi mesi costruisce un grattacielo, che nell'ultimo decennio ha perso migliaia di posti di lavoro andati verso Cina e India.
Singapore, metropoli commerciale e finanziaria di cinque milioni di abitanti e con una delle più alte concentrazioni di miliardari al mondo, cerca ora di far concorrenza a Macao come capitale asiatica del gioco: la sua posizione geografica è ideale: i cinesi, malati di gioco e pieni di denaro, potrebbero venire a migliaia. Fino a pochi anni fa qui i casinò erano proibiti; ora sono state costruite due delle case da gioco più grandi al mondo: una nell'isola di Sentosa e l'altra nella centrale Marina Bay. Quello di Marina Bay è stato realizzato dall'americana Las Vegas Sands, società specializzata in casinò, ed è inserito in un resort che comprende un albergo a tre torri e un centro commerciale. Si può giocare su cinquecento tavoli e con duemila slot-machine. Il complesso, inaugurato sette mesi fa è stato criticato per la sua forma: i giornali l'hanno paragonato ai "paletti del gioco del cricket". Eppure, senza volerlo, per la sua fisionomia bizzarra, la struttura sta diventando uno dei simboli di una città che cercava un'icona riconoscibile. Come l'Opera House di Sydney o il Guggenheim di Bilbao. Nell'intenzione dei progettisti, il simbolo di Singapore doveva essere l'Esplanade, gioiello dell'architettura degli anni Novanta che non è mai riuscito per la sua forma ribattezzata "occhio di mosca" ad emergere sulle altre costruzioni affacciate sul Singapore River.


Molti intellettuali locali, come la scrittrice Catherine Lim, sostengono che Singapore perderà la sua identità diventando la capitale asiatica del gioco. La città, dove si può passare una giornata intera tra grandi magazzini e boutique, non perderà mai però il suo volto più celebre, quello di mecca del consumismo. Eppure esiste un'altra città, con una storia e un fascino che molti ignorano. Lo scrittore Joseph Conrad ambientò alcuni suoi romanzi in quella che era la Singapore di Sir Thomas Raffles, il funzionario della British East India Company che pianificò la città nel 1822, all'epoca della guerra commerciale con gli olandesi per il controllo delle East Indies. A Raffles, che portò qui l'organizzazione amministrativa e il sistema giudiziario inglese, sono state dedicate statue e busti; il monumento più celebre è quello realizzato da Thomas Woolner e collocato nel 1919 a Empress Place. Nel 1943, durante l'occupazione giapponese, la statua fu spostata nel National Museum, che ospita oggi importanti opere di arte locale. L'assetto urbanistico di Raffles è ancora riconoscibile nel Colonial District, cuore della città fatto di palazzi bianchi e strade ortogonali alberate. Tra gli edifici più belli c'è il Raffles Hotel sulla Beach Road, costruito in stile coloniale e inaugurato nel 1887: qui soggiornarono Conrad e Kipling; quest'ultimo scrisse in una corrispondenza: "Feed at Raffles", saziatevi nel ristorante dell'albergo. Il quartiere ospita anche musei come il National Museum, il Peranakan Museum dedicato alla storia cinese locale, il Singapore Art Museum che vanta una delle più vaste collezioni di arte del Sud Est asiatico.

La vera anima di Singapore, però, è a Fort Canning Park, non lontano da Orchard Road, strada dello shopping. Qui fu costruita dagli inglesi la prima Government House; qui esistono resti di edifici di cinquecento anni fa. Qui si concentrano i più antichi miti: in questo parco, racconta la leggenda, al principe malese Sang Nila Utama, nel tredicesimo secolo, apparve un leone bellissimo, in suo onore l'isola fu chiamata Singa Pura, "isola del leone". Da qui, secondo le credenze, divinità buddiste, respingevano con il fuoco le flotte nemiche. Oggi la collina è un grande parco con scavi che mettono in luce i resti di edifici, tombe reali e di un tempio dove i fedeli venivano a chiedere grazie. Da visitare, nel parco, il Giardino botanico istituito nel 1860, con un laghetto abitato dai cigni.

Singapore è una metropoli multietnica, incrocio di razze e stili di vita, di antico e nuovo, di ricchezza e povertà: tante città in una. Lo dimostrano la diversità di Little India, caotica e colorata, che si sviluppa intorno a Serangoon Road, e dell'Arab Quarter che ha il suo cuore nella vivace arteria pedonale di Bussorah Street. Molto cambiata dai tempi delle fumerie d'oppio e della guerra tra gang, è Chinatown, quartiere che arriva fino al Singapore River, oggi ancora abitato da molti cinesi, ma diventato alla moda, con ristoranti, locali di tendenza e boutique di lusso. Qui, è ancora possibile trovare qualche angolo vero, con botteghe di antiquariato, barbieri all'aperto, taverne e templi: tra questi va visitato il Buddha Tooth Relic Temple che conserva un dente di Buddha custodito in una teca d'oro.

Infine, Orchard Road, la strada più celebre, mecca dello shopping con una delle più alte concentrazioni di centri commerciali al mondo. Qui si trovano tra vetrine eleganti, aiuole di fiori orientali e sculture di dubbio gusto, alcune testimonianze dell'epoca coloniale, come l'ambasciata thailandese. E al numero 391 c'è la libreria più grande del sud-est asiatico: Kinokuniya. Per chi cerca il verde, il luogo ideale è l'isola di Sentosa, collegata al resto della città dal ponte della Gateway Avenue, con il parco di Mount Serapong dove, dai resti di una fortezza inglese, si gode una splendida vista.

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