martedì 5 ottobre 2010

Birmania. Per un dollaro al giorno : di Davide Delladonna

Autore:
Davide Delladonna
Questo racconto e' stato finalista al concorso Storie Vagabonde!



Un breve racconto, una piccola storia dedicata a un paese poco conosciuto ma tanto martoriato che da oltre quarant'anni vive nell'angoscia di un regime militare totalitario che proibisce ogni forma di libertà e di diritti umani.
Non si può esprimere ciò che si ha dentro, non si può dire ciò che si pensa, non si può viaggiare, non si può decidere della propria vita, non si può andare a dormire sognando liberamente.
Non si può........
Il clima di terrore è ovunque, si respira nell'aria appena arrivati a Yangoon; fortini, mitragliatrici, soldati con divise colorate di verde, blu, grigio, bianco, banche chiuse, filo spinato, arroganza e spregiudicatezza degli uomini in divisa che contrasta con la dolcezza dei sorrisi del popolo birmano.
Un paese dove gli uomini portano il longy (una gonna di cotone) al posto dei pantaloni e le donne il tanaka sul viso e sul corpo (polvere di legno di sandalo), un paese antico e ricchissimo di tradizioni che è schiacciato da un pugno di militari ricchissimi e spietati, ignoranti e sadici.
Un presidente che fu un semplice postino e che guidò un colpo di stato approvato dalle superpotenze; un embargo che ha causato milioni di disoccupati tra il popolo, continuando ad arricchire pochi militari con denaro che a fiumi arriva dai vicini indiani, cinesi e thailandesi oltre che dalla Corea del Sud, Giappone e Singapore.
E l'Europa dei potenti rimane alla finestra facendo finta di niente; non potendo o non volendo inimicarsi i partner commerciali chiude gli occhi e si tappa le orecchie.
Mi era difficile da immaginare tutto ciò e pertanto ho deciso di viaggiare e vedere con i miei occhi e sentire con le mie orecchie ciò che i birmani stanno vivendo.
Ho compreso ancora di più cosa significa essere liberi.
La Birmania, o Myanmar (nome dato dai militari per staccarsi ulteriormente dal legame britannico dei tempi del colonialismo), un paese bellissimo per i differenti paesaggi e colori, ricchissimo di risorse naturali, dove la grande maggioranza della gente vive svolgendo lavori inimmaginabili per un tozzo di pane, pur con una dignità a noi sconosciuta.
Ci sono persone a Mandalay che per un dollaro al giorno creano sottilissimi fogli di lamine d'oro battendo per ore e ore, all'interno di cubicoli di cemento armato, con un caldo incredibile il prezioso materiale che ogni buddista ambisce di attaccare ai milioni di statue di Buddha sparse per il paese.
Ci sono a Monywa uomini e donne che ogni giorno raschiano il suolo bruciato dal sole per ricavare terriccio intriso di rame in polvere, che mischiato a zinco permette loro di creare il bronzo.
Ci sono a Mandalay persone che per mesi vivono in capanne di fortuna al margine del fiume Irrawady vegliando su raccolti che magicamente, in una terra bruciata dal sole per gran parte dell'anno ma baciata dal limo del fiume dopo la stagione delle pioggie, nascono rigogliosi e forniscono riso, verdure e spezie. E vegliano per un dollaro al giorno....
Sul lago Inle, ci sono donne che ogni giorno arrotolano un migliaio di sigari cheerot per un dollaro di paga giornaliera e uomini che con pesanti mazze colpiscono il ferro rovente in per forgiare coltelli e attrezzi da lavoro, suonando una sinfonia fatta di percussioni e sudori.


Ovunque per le strade birmane, ci sono donne che lavorano sotto un sole cocente spaccando pietre di fiume in pezzi sempre piu piccoli e gettano pece bollente per riempire i crateri provocati dalle piogge monsoniche. Ogni anno ricominciano lo stesso duro lavoro, instancabili. Per un dollaro al giorno, a volte costrette con la forza.
Ci sono ex ingegneri, ex architetti, ex professori ora disoccupati che ora sono guide innamorate del loro paese; percorrono migliaia di kilometri ogni anno con i turisti per fare conoscere cos'e' la Birmania, incuranti del fatto che a volte non vengono rispettati dagli stranieri ignoranti, la cui unica preoccupazione e' solo a pensare a risparmiare il piu' possibile..... in un paese dove un dollaro puo' fare la differenza.
A Bagan, ci sono famiglie che ogni giorno, sette giorni su sette vivono in aperta campagna e si arrampicano su alte palme per recuperare il toddy, un liquido usato per creare un alcoolico molto amato e per creare lo zucchero.
Ovunque, ci sono migliaia di bambini che non vanno a scuola ed elemosinano un dollaro al giorno costretti da poveri genitori a mendicare sotto il sole cocente.
Ci sono storie di ragazzi affamati che attratti con l'inganno di un pasto caldo vengono rapiti e portati nei campi militari e costretti per trent' anni a vestire la casacca verde tanto odiata contro i loro amici o genitori.
Ci sono stranieri senza scrupoli che si costruiscono ville miliardarie accanto a baracche fatte di bamboo e lamiera, disprezzando chi vive di fianco a loro.
Ci sono centinaia di morti ammazzati senza un nome e senza un volto, senza un ricordo. Perche' anche un ricordo puo' vuol dire essere impriogionati.
Ci sono anche militari che han cercato di cambiare le cose e che sono stati assassinati o sono spariti perche' considerati pericoli alla stabilita' del regime.
Nelle Universita' di Mandalay ci sono migliaia di monaci che passano una intera vita pregando che la situazioni cambi; questa e' anche una forma di guerriglia, una rivolta non armata.
Ci sono ragazzi con rabbia nel cuore e lacrime agli occhi che desiderano raccontarti che i loro amici sono stati mandati al fronte a esplodere sulle mine, che la polizia segreta li perseguita, che non ne possono piu' di soprusi e minaccie, che possono parlare solo quando si trovano in mezzo a valli disabitate, che ti abbracciano e ti ringraziano solo per averli ascoltati.
C'e' una nuova capitale costruita per i militari, citta' ultra moderna creata nel nulla con l'ausilio esclusivo dei lavoratori forzati. Il suo nome e' Naypyidaw, cioè "sede dei re", il cui nome e' tutto un programma.
C'e' la giada, il legno di tek, i rubini, gli zaffiri, il gas naturale, il petrolio, riserve di pesca, l'uranio, il carbone, riserve naturali sfruttate e rapinate al popolo birmano da paesi così detti del "primo mondo".
E c'e' il popolo birmano fatto di tante etnie, tanti visi diversi e tante lingue differenti che chiede di essere ascoltato, di essere aiutato e di essere lasciato libero dopo tanti anni di soprusi.
Chiede sopratutto di essere visitato e conosciuto da viaggiatori curiosi e aperti al dialogo.
C'e' soprattutto una terra che urla in silenzio, una terra di nome Birmania o Myanmar; ma il mondo e' sordo e non vuol sentire.

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