Partenza il 5/4/2010 · Ritorno  il 23/4/2010
 Viaggiatori: 2 · Spesa: Da 2000 a 3000 euro     
Rangoon: andateci!
di bgmeetafrikaMeiktila, 13 aprile 2010
Due innamorati giungono in riva al lago su una  bicicletta, si siedono  sul prato ad aspettare il tramonto. Arriva una mucca che si ferma in  mezzo a loro, resta lì immobile ad osservare i due ragazzi, dietro alla  mucca correndo con il bastone in mano arriva il guardiano, la esorta a  spostarsi.  La mucca si guarda in giro con indifferenza, riprende  tranquillamente il suo cammino e tra i due come se nulla fosse accaduto,  continua l'idillio.
Caldo! Ogni sorso d’acqua trangugiata si evapora all’istante  inzuppando gli abiti che si appiccicano alla pelle. Le narici fanno a  pugni coi profumi d’incenso e gelsomino, odori di cibo fritto per le  strade e l’aria densa di umidità che penetra nei polmoni rallentando  ogni respiro. In questo periodo il cielo di Rangoon non è azzurro  limpido, è piatto, è senza nuvole è fatto a strati, strati di smog.  Prende colore e prospettiva solo all’imbrunire. Rangoon è una città  brulicante che trasuda fatica, è sputo di betel. Agli incroci, trishaw,  camion, auto, biciclette pedoni, bus, taxi, moto, si aggrovigliano senza  suoni gli uni agli altri creando un’enorme matassa inestricabile.  Rangoon è un film al quale manca la colonna sonora, è una città che  ruota con religioso silenzio intorno alla sua grande pagoda, dove  girotondi di fedeli pellegrini proni verso il mistero lavano le impurità  terrene versando il benedetto elemento trasparente sui sacri emblemi.  Rangoon è un tuffo nel passato remoto e quando riemergi nel marasma del  presente intravedi a malapena spiragli sul futuro. Implosioni provocate  dalle forti emozioni rallentano l’ordine delle parole che servirebbero a  descrivere la scena. Perciò io dico:
“Andateci!” Sul monte Kyaiktiyo, dove si trova un masso in bilico su uno  sperone di roccia la cui leggenda racconta che sia tenuto saldo da un  capello di Budda.
L’afa proibisce alle mie gambe di buttarmi nel miscellaneo corteo che  percorre l’ottuplice sentiero conducente al nirvana e così come fossi  una regina, vengo trasportata dalle portantine fino in cima al monte e  lungo i bordi della salita incontro inchini e sorrisi. Una regina nulla  tenente, senza corona e senza trono, se non che la fortuna di essere  approdata in questa terra definita “Golden land”. Un po’ come la regina  “Taetù” della quale raccontava sempre mia nonna. Mi sento male io per  quei poveri ragazzi che versano sudore sotto al pesante fardello e così  alla fine del percorso decido di pagare qualche soldo in più rispetto  alla cifra contrattata in partenza. Ancora inchini e sorrisi: -  “Ce-zu-bè con-do-niabà, mèmè, ce-zu-bè!” = “grazie tante mamma, grazie” –  “ Ma io non sono la regina Taetù, grazie a voi!”
Andateci! Galleggiate su canoe tra isole di giacinti sulle quali  vengono coltivati gli ortaggi, o girovagate a piedi nudi tra le migliaia  di zedi a Kakku. Viaggiate sulla strada che porta a Mandalay e  addentrandovi nei villaggi toccherete con mano la semplicità della rural  life.
Andateci! Passeggiate sul ponte di tek ad Amarapura mentre tutti  aspettano che il sole tocchi l’orizzonte. Andateci! Navigate sul
grande fiume tra i cercatori d’oro, donne che fanno il bucato, ragazzi  che lavano i buoi e altri che fanno il bagno. Aggiratevi tra i templi di  Bagan all’alba o al tramonto avvolti dalla foschia mentre la luce  accende i colori conferendo al paesaggio un aspetto sublime e fate parte  di questo straordinario film. 
Non posso fare a meno di ripetere la frase del vecchio saggio inglese “to travel hopefully is a better thing than to arrive”, quindi non fermatevi, partite e se potete, fate turismo sostenibile l’unica vera esperienza da vivere nella Golden Land ed è la chiave per aiutare persone come i vari Tin Soe, Zin Zin, Moe Moe, Ton Ton. Sono sicura che rimarrete strabiliati anche voi.
Contattatemi se volete sapere di più.
Ciao, Dolores
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